Quando ho letto questo articolo sul blog di GenitoriCrescono sono rimasto piacevolmente colpito dagli spunti di riflessione che un modo completamente diverso di fare scuola può apportare al nostro modo di organizzare la vita tra i banchi, sia per gli studenti che per gli insegnanti.
Clicca qui e leggi come funziona la vita scolastica in Svezia… poi leggi in basso le mie riflessioni.
“…un anno propedeutico in cui si lavora principalmente sulla formazione della classe, come gruppo unito, gettando le basi per l’anno seguente.” – Che dire? Da noi se tutto va bene si comincia a parlare di teambuilding in età adulta, magari in azienda… partire dalle basi, questa è senz’altro una bella mossa: investire dall’inizio per dover intervenire meno alla fine.
“La frequentazione della scuola dell’obbligo non implica nessuna spesa aggiuntiva, tutto il materiale è fornito gratuitamente dalla scuola, la frequenza alla scuola è gratuita” – No comment! Anzi, commento. Parliamoci chiaro: nella nostra società, buona parte del valore che attribuiamo ad un prodotto/servizio è direttamente proporzionale al “prezzo” richiesto per usufruirne. In un paese come l’Italia dove, aimé, il senso civico non è particolarmente sentito, il rischio è di svalutare un servizio essenziale e necessario, solo perché non viene richiesto un investimento diretto per ottenerlo. Probabilmente (ma non ho conferme in merito) il sistema di welfare svedese prevede anche una cospicua partecipazione fiscale da parte dei cittadini, che indirettamente pagano tutta una serie di servizi di prima categoria. Ma noi italiani saremmo pronti ad abbandonare la nostra ottica di causa-effetto diretta?
“…una maestra per l’inglese e intelligenza emotiva…” – SONO COMMOSSO! È mai possibile che nella nostra scuola non sono mai state contemplate materie vitali come, appunto, l’intelligenza emotiva, la comunicazione efficace, la gestione emozionale, ecc. Costituirebbero un patrimonio di inestimabile valore nella vita dello studente: dopotutto ogni giorno abbiamo a che fare con emozioni, comunicazione e rapporti umani, no?
“…solamente venti minuti, che ti fa chiedere come sia possibile che gli svedesi parlino così bene l’inglese…” – Evidentemente il nostro modo di credere che una competenza venga acquisita “bene” non è l’unico possibile. Anche Paul Watzlawick diceva: “L’illusione più pericolosa è quella che esista soltanto una realtà”. E poi, scusate, a giudicare dai risultati (l’ottimo livello di inglese degli svedesi) una didattica maggiormente frazionata pare efficace… magari andrebbe fatta anche una distinzione per aree di competenza.
“…mentre metà classe lavora con l’insegnante, l’altra metà gioca in un’altra aula. In questo modo l’insegnante può lavorare con gruppi più piccoli composti da una dozzina di bambini…” – WOW! Pensiamoci bene, cercando di staccarci dal nostro navigato modo di fare scuola: sarebbe molto difficile sperimentare una modalità simile in Italia? Ricordiamo che, più avanti nell’articolo, si parla di genitori volontari che a turno controllano i bambini che giocano nel giardino della scuola; non siamo quindi di fronte ad un sistema che sperpera quantità di fondi inimmaginabili per la Scuola italiana… semplicemente coinvolge gli utenti e organizza le risorse in modo, forse, più utile.
“Il tempo dedicato a quello che per molti italiani è il momento più importante della giornata [il pranzo] è di appena 20 minuti” – Tra i commenti all’articolo originale trovate il mio punto di vista in merito al legame emotivo che, culturalmente, viviamo noi italiani nei confronti del cibo.
“Un giorno a settimana si tiene il consiglio di classe, della durata di 40 minuti. A detta delle insegnanti questo è un momento importantissimo durante il quale i bambini imparano a dire la loro sulla loro scuola, imparano ad ascoltare quello che dicono gli altri, ad esprire i loro bisogni e idee di fronte a tutta la classe, e a discutere per trovare un accordo soddisfacente per tutti. Si tratta quindi di lezioni pratiche di democrazia e in Svezia iniziano a 7 anni” – ariWOW! Sarei curioso di vedere se in Svezia la paura di parlare in pubblico sia tanto diffusa quanto qui in Italia. Inoltre mi piacerebbe capire se il senso di partecipazione alla vita collettiva sia paragonabile al nostro, oppure se un’impostazione del genere (sensibile al contributo di ognuno nei confronti del “vivere comune”) generi atteggiamenti di tipo differente.
“…loro invitano i bambini a ragionare con la loro testa e a capire da soli se fa freddo o meno…” – Più o meno come qui da noi, dove è “difficilissimo” sentire un genitore dire al figlio “Copriti, altrimenti ti viene il raffreddore”… e se nel determinare la nostra salute, insieme alle condizioni atmosferiche, giocassero un ruolo determinante anche le convinzioni?
“…loro non cercano in alcun modo di appiattire il livello della classe…” – Qui voglio il parere degli insegnanti in “ascolto”. Personalmente credo che rendere la didattica più personalizzata può migliorare i progressi del singolo studente. Ovviamente anche qui rischiamo di tornare al concetto di senso civico: siamo sicuri che accettare di andare più lentamente con un gruppetto di studenti, non divenga per l’insegnante un invito a fare meno? Al contrario dovrebbe rappresentare una sfida a calarsi davvero nella realtà del singolo allievo per adattarvi la propria didattica ed ottenere quindi più risultati rispetto all’eventualità di un “andare avanti tutti allo stesso modo”.
“…si identificano degli obiettivi personali, offrendo sfide specifiche al livello del bambino…” – Appunto! Vedi sopra…
“Di certo noi genitori abbiamo un compito arduo: in primis dobbiamo capire come gestire la nostra ansia (oddio l’amichetto G. sta al livello 8, come è possibile che nostro figlio stia ancora al 5??), e al tempo aiutare nostro figlio a concentrarsi sui suoi obbiettivi, e gioire insieme a lui per i suoi progressi” – È proprio questo il mio sogno: riuscire a creare un vero e proprio gioco di squadra tra Scuola, Studente e Genitori/Famiglia per ottenere “il meglio per tutti”. Certamente è necessario fornire alle parti coinvolte gli strumenti per contribuire con equilibrio a questo gioco di squadra…
Anche se dalla lettura delle righe precedenti può sembrare che il mio punto di vista sia pienamente schierato al fianco dell’impostazione svedese, credo piuttosto che sia possibile (ed auspicabile) trarre spunto anche soltanto da alcuni aspetti, quelli che si ritengono più funzionali, in modo da integrarli alla nostra impostazione.
Tante sono le diversità con il nostro sistema scolastico ma una in particolare mi ha colpito:
40 minuti di lezione di intelligenza emotiva a settimana! Comunque , anche se non c’è come lezione settimanale, se un docente vuole può impostare tutta la vita di classe lavorando sulle emozioni negative e positive non solo dell’alunno!Un elemento vincente è creare una buona relazione con i bambini , avvicinarsi al loro mondo e ai loro interessi e ai loro problemi!Buon anno scolastico a tutti!
Se la nota dolente è quella del pranzo, tranquillizzo l’autrice dell’articolo: nella mia scuola il tempo per il pranzo è di 30 minuti per mangiare e 30 per giocare in cortile, ma i primi sono trascorso per lo più tra file incredibili e un caos a tavola davvero “indigesto”….Decisamente meglio 20 minuti seduti in silenzio…aiuta la masticazione, la digestione e lascia la convivialità al resto della giornata.
Anche il mio sogno sarebbe un gioco di squadra come quello descritto…ma sono consapevole che al di là delle parole ci siamo lontani come da qui a Marte, pertanto mi accontento di lavorare principalmente sul senso di squadra dentro la mia classe…tutt’altro che facile visto che i nostri bambini sono spesso immersi, a partire dalle loro 4 mura domestiche, in spiriti individualistici e competitivi (“…e che voto hanno preso i tuoi compagni ??!!!”)
Sono d’accordo con Emilia quando dice che ogni insegnante può rinforzare giorno per giorno l’intelligenza emotiva dei propri studenti… L’aspetto che mi ha fatto riflettere è stato soprattutto relativo all’impostazione didattica che viene dall’alto: che il Ministero svedese contempli l’insegnamento di una materia come l’intelligenza emotiva e preveda un’assemblea di classe alla settimana che coinvolga gli alunni dai 7 anni in avanti, è un fattore significativo…
In Italia mi sembra come se l’attenzione agli studenti riguardi solo gli insegnanti: se ce ne sono di “illuminati” saranno fatti loro trovare il modo di riuscire a “fare qualcosa”… non è giusto! Dovrebbe essere compito di tutti, del sistema, fare in modo che gli insegnanti si percepiscano non solo in grado, ma anche desiderosi di occuparsi a 360° dei propri alunni.
La dimensione emotiva è parte integrante della persona umana. La scuola però si concentra maggiormente sull’aspetto cognitivo. Bisognerebbe valorizzare di più le emozioni importanti per la nostra vita in quanto le conferiscono sapore e danno forza a tutto ciò che facciamo. Le emozioni positive costituiscono forti spinte motivazionali per un apprendimento efficace. Non a caso tra le life skills cioé le abilità personali e relazionali che servono per gestire i rapporti col mondo ed affrontare la vita quotidiana ci sono la gestione delle emozioni, la comunicazione efficace e l’empatia. Noi docenti dovremmo aiutare i nostri alunni a riconoscere le proprie emozioni e ad essere consapevoli di come esse possono influenzare il comportamento. Per creare tale consapevolezza è necessario seguire la strada della didattica metacognitiva che, con l’apprendimento cooperativo, costituisce elemento essenziale della didattica inclusiva.