Un insegnante ci ha scritto pochi giorni fa sul sito con questa domanda: “Come e quanto devo intervenire nella correzione di errori di grammatica in un bambino di prima media con Dsa?”

Allora, innanzitutto ci servirebbe sapere quando il bambino è stato identificato e poi certificato…

Diciamo che, con l’ingresso alle medie, ci si potrebbe trovare in due situazioni:

  1. Una situazione in cui il bambino è stato identificato e certificato tempestivamente, circa alla fine della seconda elementare; in terza elementare arriva la diagnosi, PDP fatto e condiviso tra i docenti e i genitori, ha seguito un percorso di riabilitazione logopedica o psicologica e arriva alle medie con una buona padronanza del computer. Ovviamente questo bambino ha una famiglia che ha collaborato con la scuola e quindi il passaggio dalle elementari alle medie avviene in maniera serena.
  2. Un’altra situazione in cui il ragazzo è stato diagnosticato tardivamente, diciamo in 4°/5° elementare, la certificazione deve ancora arrivare, ovviamente il PDP mai fatto, il computer mai utilizzato come strumento compensativo; la famiglia la lasciamo come incognita. Per questo bambino il passaggio alle medie sarà un vero e proprio dramma. 

Lungi da me dal voler essere pessimista, mi sembra invece una prospettiva decisamente realista.

Non sempre va così, ma tutti sappiamo quanto il problema più grande per questi bambini sia la diagnosi tardiva; in questa sede non ci interessa sapere di chi possa essere la responsabilità, ma sta di fatto che molto spesso i ragazzi arrivano alle medie con una totale sfiducia nell’adulto e verso se stessi, autostima sotto i piedi, ormoni in subbuglio e i primi fastidiosissimi brufoli che cominciano a popolare il viso…

Partiamo quindi dalla seconda ipotesi provando a considerarla come la situazione in cui la nostra insegnante si trova. 

Parlare di disortografia vuol dire parlare di tutto, ma anche di niente; sappiamo come a volte sulla diagnosi non venga specificato nulla se non il codice. Quindi di fatto alle insegnanti non viene dato nessun suggerimento pratico.

Tanto per iniziare consiglio di fare uno screening collettivo alla classe per due ragioni: non isolare il ragazzo e valutare anche gli altri studenti, con uno strumento standardizzato, male non farà! Per questo si può utilizzare per esempio il dettato di brani estrapolato dalla “Batteria per la Valutazione della Scrittura e della Competenza ortografica” (Tressoldi e Cornoldi) e il dettato di parole e non parole estrapolato dalla DDE “Batteria per la dislessia e disortografia in età evolutiva” (Job, Tressoldi e Cornoldi)

Con questo dettato possiamo ottenere due parametri: la quantità degli errori, confrontandola con una media appunto standardizzata, ma soprattutto la qualità degli errori.

Ed è soprattutto la qualità degli errori (errori fonologici, non fonologici o fonetici) che a noi interessa. Sapere che tipo di errori commette il ragazzo ci permette di personalizzare l’intervento in maniera mirata.

Ricordiamo che la disortografia, come gli altri Disturbi Specifici dell’Apprendimento, non subisce il “fascino” dell’esercizio ripetuto; vale a dire: se sono disgrafico, anche se scrivo 100 volte la stessa parola non divento più bravo!

Tratterò la disortografia come associata alla disgrafia perché a volte i due disturbi si presentano insieme.

Consiglierei a scuola di lavorare con Software specifici per il recupero della componente ortografica (su questo ormai abbiamo l’imbarazzo della scelta); nel frattempo possiamo proporre alla famiglia di cominciare a far esercitare almeno un’ora al giorno il ragazzo a scrivere al computer.

È chiaro che se il ragazzo non ha fatto mai riabilitazione non possiamo aspettarci dei miracoli, ma possiamo intanto comunicargli che noi abbiamo capito che un problema c’è e che insieme vogliamo provare a migliorare. Sarebbe magari più funzionale farlo lavorare a piccoli gruppi, sia per preservare l’area emotiva che per aumentare il grado di motivazione.

I ragazzi, soprattutto i più grandi, hanno bisogno di conoscere i propri punti deboli per riuscire ad intervenire con la strategia più efficace ed i lavori a gruppi, così come una didattica metacognitiva, sono un validissimo aiuto.

Passiamo agli strumenti compensativi; per la disortografia e disgrafia viene proposto il computer; tanto è che nei PDP viene quasi sempre inserito.

Vorrei però fare con voi una riflessione.

Per compensare bisognerebbe che i ragazzi lo sapessero usare alla perfezione, fossero cioè rapidi nello scrivere al computer così come lo sono i compagni con la penna.

Quanti ragazzi lo sanno fare? Pochissimi. 

Questo mi fa pensare al concetto di “Competenze Compensative”:

“Le competenze disciplinari rappresentano l’insieme integrato di conoscenze, abilità e atteggiamenti che, sorretto da motivazioni adeguate, consente via via di compiere, in un contesto di apprendimento, da soli o con altri, nuove esperienze conoscitive, relative ad un determinato campo di sapere, dotate di senso, per raggiungere scopi diversi e di averne consapevolezza critica”. (Amber 2004)

Sappiamo quanto, soprattutto a questa età, sia forte il bisogno di appartenenza al “gruppo”; se il ragazzo riesce ad usare il computer velocemente, in quel caso diventa un alleato e dà sicurezza; al contrario se lo studente non è in grado di usarlo con dimestichezza, il computer diventa un nemico, un marcatore della differenza che c’è tra lui e gli altri compagni di scuola.

Quindi, prima di introdurre il computer, assicuriamoci che il ragazzo sia in grado di padroneggiarlo autonomamente e, con il consenso del diretto interessato, informiamo anche il resto della classe per evitare chiacchiericci e cincischii durante le lezioni.

Ecco perché, parallelamente al lavoro a scuola, bisogna coinvolgere la famiglia ed il ragazzo a lavorare anche e, soprattutto, a casa. Anche per questo tipo di esercizio ci sono dei software molto utili che aiutano lo studente ad apprendere ed usare il computer in completa autonomia.

Mi rendo perfettamente conto che alle Medie è tutto più complicato; abbiamo parlato finora della disortografia e/o disgrafia di questo ragazzo, ma sappiamo bene che dietro c’è tutto un mondo fatto di adolescenza, di conflitti con il proprio corpo, di incomprensioni con i genitori e tanto altro che voi conoscete meglio di me.

Al di la di tutto (del PDP, delle circolari, delle note ministeriali, delle definizioni, dei mille corsi fatti sui DSA) mi viene da pensare ad una cosa sola.

Che cosa vuol dire scrivere? Qual è la funzione pragmatica della scrittura?

Nella sua accezione Neuromotoria scrivere è: 

Percezione, organizzazione spaziale, organizzazione temporale, organizzazione prassica, integrazione spazio temporale, integrazione delle lateralità, conoscenza e rappresentazione dello schema corporeo, coordinazione motoria, dominanza laterale, memoria e attenzione.

L’atto esecutivo dello scrivere implica tutte queste cose, noi ovviamente non ce ne accorgiamo perché abbiamo raggiunto “padronanza comportamentale”, ma ricordiamocelo ogni qualvolta abbiamo di fronte un bambino disgrafico, disortografico e disprattico.

Non diamo mai nulla per scontato perché quello che a noi sembra essere la cosa più facile al mondo, per chi vive questi problemi non lo è affatto.

Ma oltre a questo, scrivere ha anche la sua funzione pragmaticaComunicare.

Scriviamo per svariate ragioni, ma non importa se scriviamo a qualcuno o a noi stessi, noi scriviamo per comunicare qualcosa. Qui entra in gioco la pianificazione del testo, il pensiero ideativo, la capacità di sintesi, di revisione e tante altre cose che non devo certo sottolineare a degli insegnanti!!

Le linee guida per i Disturbi Specifici d’Apprendimento ci dicono che nel valutare il ragazzo dobbiamo tener conto del contenuto e non della forma. Quindi, in teoria, la risposta sarebbe semplice: non tenete conto degli errori, ma del contenuto. 

L’obiezione che molti fanno riguarda la possibilità di accettare un compito pieno zeppo di errori.

No, molti insegnanti non ci riescono. E in realtà neanche per il ragazzo è accettabile vedere il proprio compito pieno zeppo di segni rossi. Più sottolineiamo gli errori grammaticali, meno lo studente scriverà.

L’obiettivo per gli insegnanti soprattutto delle medie e delle superiori è aiutare i ragazzi a fare emergere la loro creatività, ad esprimere sentimenti e pensieri, insegnare loro ad avere un atteggiamento attivo verso quello che studiano.

Quindi il punto è un altro: credo che prima di pensare a come valutare il ragazzo, dovremmo pensare a come renderlo autonomo, dovremmo trovare insieme a lui le strategie per superare le sue difficoltà, trovare il modo di compensare per raggiungere gli stessi obiettivi della classe.

Per capirci meglio, proviamo adesso a pensare se questo ragazzo rispecchiasse la prima situazione, la situazione idilliaca per intenderci.

Se lui avesse fatto un tema o un dettato con il computer, magari ci saremmo posti il problema di come valutare gli errori? No, ci avrebbe pensato il correttore ortografico a segnalare al ragazzo le imprecisioni presenti e lui avrebbe provveduto a correggersi (non è detto comunque che il ragazzo ci sarebbe riuscito).

Immagino che qualcuno possa pensare che, permettendo questo, si aiuti troppo l’alunno “Cosi non vale, in questo modo sono tutti capaci” (questa è una frase che spesso ho sentito pronunciare dentro e fuori la scuola).

Vi confesso che ai tempi dell’università questo pensiero ha attraversato anche la mia testa; poi però, ad uno dei tanti convegni che si tengono sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento, ho sentito cosa diceva Luca Grandi (Responsabile del Centro Ricerca Anastasis) a proposito degli strumenti compensativi.

Al di là del contesto scolastico, tutti noi utilizziamo strumenti compensativi; il passeggino, la lavatrice, il navigatore, la macchina, le scarpe, gli occhiali sono tutti strumenti compensativi.

Lo strumento compensativo è appunto uno strumento che ci aiuta ad aumentare e rendere più facilmente esprimibile un nostro potenziale. Non esistono quindi strumenti compensativi che aiutano troppo; uno strumento compensativo che è efficace è semplicemente efficace. Pensiamo alla lavatrice… Non è che a metà del lavaggio tiriamo fuori i panni perché pensiamo che altrimenti ci aiuterebbe troppo…

Giusto?

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  1. Emilia 22 Ottobre 2013 at 23:01 - Reply

    Articolo fantastico!

  2. Viviana 23 Ottobre 2013 at 17:53 - Reply

    Grazie Emilia!!

  3. giovanna 27 Ottobre 2013 at 15:36 - Reply

    Bellissimo!!!!!!!

  4. TERESA 27 Ottobre 2013 at 16:35 - Reply

    VORREI CHE ”VERAMENTE” LA SCULA FOSSE UN LABORATORIO DI CULTURA, MA FINO ADESSO MI SONO IMBATTUTA SEMPRE IN PERSONE FALSE E IPOCRITE ALLE QUALI AVREI VOLUTO GRIDARE FORTE …..GIU’ LE MANI DAI MEI FIGLI. COME MAMMA LO GRIDO ANCORA PERCHE’ NELLA SCUOLA NON SEMPRE CI IMBATTIAMO IN PERSONE ONESTE E SINCERE CHE CHE CERCANO DI INCULCARE SOLO I VERI VALORI DELLA VITA. MA ANZI VEDO QUELL’INGERENZA SUBDOLA DI MANIPOLAZIONE DEI ”VERI ”VALORI UMANI.

  5. laura 28 Ottobre 2013 at 13:13 - Reply

    Bellissimo articolo!
    Purtroppo anche una diagnosi precoce del problema a volte non basta se non c’e’ la buona volontà e la professionalità delle persone che hanno a che fare con il bambino.
    Mio figlio va dal logopedista da quando aveva 3 anni e 1/2 per un ritardo del linguaggio (lo abbiamo mandato in via privata perchè sia noi che le maestre dell’asilo eravamo concordi che non si trattava di un semplice ritardo), ora compirà 6 anni a dicembre è da più di 1 anno che sappiamo che è disprattico ma ci abbiamo messo un anno per farlo capire all’usl di competenza (ci siamo infatti rivolti ancora una volta a professionisti privati). Abbiamo avuto la certificazione e quest’anno ha iniziato la 1° elementare. Benchè ci vada tranquillo, noi lo siamo molto meno… soprattutto per come le maestre si stanno comportando (sembra siano loro le sfortunate per averlo avuto in classe)….

  6. cinzia 1 Novembre 2013 at 20:35 - Reply

    Anche la sigaretta, la droga, il caffè sono strumenti compensativi che utilizziamo… Noi facciamo e utilizziamo tante cose che ai bambini non permettiamo. Li obblighiamo a mettere il grembiule, quando noi insegnanti spesso sfoggiamo a scuola i nostri capi migliori. Li vogliamo bravi e uguali. Possibilmente non fastidiosi e inclini allo studio. Comincio a pensare che non basta solo lo studio per fare questo lavoro, serve tanta empatia e soprattutto la grande capacità a mettersi dal punto di vista dell’altro. Dote che, purtroppo abbiamo in pochi.

  7. simona 2 Novembre 2013 at 9:17 - Reply

    Grazie Alberto, ci fornisci sempre spunti molto interessanti su cui riflettere.

  8. Roberta 16 Novembre 2013 at 14:41 - Reply

    Articolo molto interessante da far leggere a tutti i docenti di lettere delle medie che considerano questi alunni come un problema per la classe

  9. Laura 21 Novembre 2013 at 18:24 - Reply

    Peccato, che decidere di farsi aiutare da una lavatrice è una scelta libera nella piena consapevolezza di poterne fare anche a meno, perchè sappiamo di aver acquisito l’abilità, al lavaggio a mano. Utilizzare il computer per compensare una concreta difficoltà a scrivere autonomamente in modo corretto, che solo un altrettanto corretto insegnamento scolastico può aiutare, significa accettare di avere un disturbo.
    Ed è proprio questo il punto, le insegnanti stanno abdigando al loro ruolo naturale preferendo improvvisarsi “rilevatrici di disurbi” là dove sono, forse anche inconsapevolmente, proprio loro a seminarli
    (..i disturbi).Utilizzare il computer non è una scelta libera ma obbligata, perchè qualcuno ci ha detto che siamo affetti da un disturbo che non ci consente di scrivere in modo corretto autonomamaente, quando avrebbe dovuto insegnarci proprio questo(ti pare poco!!)Pertanto non sono affatto d’accordo con la dott.ssa Viviana Cinci, meno che mai col sentirsi rassicurata dalla analogia con “la lavatrice”.SE SEMIANIAMO DISTURBI.. RACCOGLEREMO SOLO DISTURBI.

  10. Viviana 23 Novembre 2013 at 17:14 - Reply

    Ciao Laura cerco di spiegarmi meglio.
    Condivido con te le tue osservazioni ma credo che si riferiscano ad una classe di bambini un po’ più piccoli.
    E’ verissimo che ognuno deve prendersi la propria parte di responsabilità ma quando abbiamo di fronte un ragazzino di 11anni abbiamo il dovere di metterlo nelle condizioni di fare come gli altri e se il computer è la soluzione che ben venga.
    L’esempio della lavatrice che continuo a trovare fantastico era solo per dire che nella vita quotidiana noi usiamo molti strumenti e molta tecnologia ma quando si parla di scuola ce lo scordiamo.
    Tutto qui :)))

  11. anna 15 Giugno 2014 at 10:45 - Reply

    Articolo bellissimo! Grazie!

  12. Marzia Iosimi 29 Luglio 2014 at 17:18 - Reply

    Cara Laura, le tue considerazioni sui Dsa, sono verissime, ma per esempio io che insegno alle Superiori, ho dovuto fare quasi sempre tutto da sola.I PDP vanno corredati con diagnosi recenti, invece non è sempre così, un Dsa ora non ha il sostegno.I compensativi, dispensativi, alcuni alunni non li vogliono usare, perché si vergognano, vogliono essere come i loro compagni ecc, quindi c’è ancora molto da lavorare per rendere i docenti sempre più aggiornati sull’argomento, naturalmente con l’aiuto dei genitori e delle Asl, che alcune volte disertano i Glh!
    Saluti e grazie

  13. Tommasa 1 Agosto 2014 at 7:54 - Reply

    Leggere il Suo articolo mi ha molto confortato.

  14. gea 9 Agosto 2014 at 11:10 - Reply

    al mio nipotino è successo proprio questo.
    e in prima media è stato colpito da una alopecia devastante.
    adesso andrà alle superiori…che succederà?

  15. cinzia 13 Febbraio 2015 at 9:03 - Reply

    Wow, Bell’ articolo!!

  16. cinzia 13 Febbraio 2015 at 9:03 - Reply

    Wow, Bell’ articolo!!

  17. cinzia 13 Febbraio 2015 at 9:06 - Reply

    Wow, Bell’ articolo!!

  18. Sabrina 20 Settembre 2015 at 8:50 - Reply

    Grazie per aver spiegato con parole semplici quello che l’insegnante di mia figlia non capirà’ mai….

  19. Alberto DP 20 Settembre 2015 at 11:36 - Reply

    C’è sempre speranza, Sabrina! Un caro saluto… 🙂

  20. Mariella 12 Dicembre 2015 at 10:47 - Reply

    Grazie , la sua spiegazione mi è stata di molto aiuto a cominciare a comprendere questo argomento che mi toccherà affrontare con mio figlio , che purtroppo solo in seconda media gli sono stati fatti i test , nonostante fosse seguito sin dall’ultimo anno della scuola materna . Ma purtroppo ci è sempre stato detto che era un problema legato alla lingua , visto che è arrivato in Italia a 5 anni e mezzo .Che dire abbiamo sbagliato noi ad aver avuto troppo fiducia sulle sue insegnanti , sulla neuropsichiatria

  21. Viviana 13 Dicembre 2015 at 20:10 - Reply

    Salve Mariella, mi sembra di capire che suo figlio sia un bimbo (anzi ormai un ragazzo ) adottato e quindi non mi stupisco che sia stato frainteso il disturbo in atto come conseguenza “naturale” del parlare un altra lingua.
    Purtroppo quello dei bimbi adottati è un vero e proprio problema dal punto di vista di un inquadramento diagnostico quindi non vi prendete nessuna colpa.
    Alberto parla sempre di responsabilità (ossia capacità di rispondere al problema) per cui con tutta la serenità del mondo cominciate questo percorso affidandovi a dei bravi professionisti perché con una brava équipe che segua sia il ragazzo che voi tutto si risolve.
    Per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi anche in privato.
    Buona serata
    Viviana

  22. Patrizia 19 Maggio 2019 at 9:05 - Reply

    È un articolo quasi commovente in certi passaggi, mi ha fatto molto riflettere e credo che andrò all’incontro di continuità con i prof con qualche arma in più per tutelare il mio Fabri. Grazie

  23. Viviana 19 Maggio 2019 at 11:22 - Reply

    Salve Patrizia, grazie mille del commento.
    In bocca al lupo per l’incontro!
    Un saluto
    Viviana

  24. Anita greco 29 Novembre 2019 at 18:12 - Reply

    Avere 5 o 6 dsa in classe …un dramma. Non abbiamo tempo e neppure strumenti se ad una classe di 22 alunni in seconda media aggiungiamo la ragazzina francese non alfabetizzata, gli alunni bisognosi di sostegno che non ce l,hanno, i cosidetti vivaci rompiballe… cosa possono fare ancora gli insegnanti in questo sistema indifferente.

  25. ale 4 Giugno 2023 at 17:02 - Reply

    io vorrei capire che tipo di aiuto sia fornire a un alunno il pc, come potrebbe aiutarlo nel migliorare la sua disgrafia. Non mi sembra uno strumento compensativo, mi sembra uno strumento che si sostituisce completamente allo studente. Un minimo di esercizio deve essere previsto anche perché potrebbe succedere nella vita di non avere sempre il computer a disposizione. Penso anche a una banalissima firma su un documento o completare un modulo. Aggiungo, non può ricadere tutto sulla scuola che non è un centro diagnostico né di recupero. Genitori, asl e specialisti devono essere più reattivi e collaborativi affinchè si lavori seriamente con questi ragazzi.