Da qualche mese ho il piacere di collaborare con Teresa, una maestra di Civitavecchia che ho conosciuto durante il percorso di formazione MetaDidattica e che tuttora frequenta la Scuola Coaching FYM dove insegno.
Ringrazio di cuore Teresa per l’interessante contributo che ha voluto dare ai lettori di questo sito, relativo alla gestione della classe (anche di quelle difficili) grazie al principio di impegno e coerenza di Cialdini.
Clicca qui per leggere l’esperienza di Teresa durante una gita scolastica…
In questa torrida e bollente estate, sono miei buoni compagni di viaggio alcuni testi di approfondimento sugli argomenti trattati nel corso degli incontri della Scuola Coaching che sto frequentando.
Quegli accattivanti occhi blu che campeggiano in copertina mi attraggono non meno del titolo, al quale affido il mio riscatto, sperando che dopo la lettura avrò le armi giuste per saper dire “no” in nuove situazioni come quelle in cui mi sono sentita così stupida nel riconoscermi raggirata da non avere neanche avuto il coraggio, a volte, di raccontare l’accaduto!
Eppure con la persuasione faccio i conti spesso nel mio lavoro: essere una maestra e riuscire a portare dalla mia parte l’attenzione e la voglia di fare dei bambini mi ha aiutato ad affinare le armi, tuttavia nella vita quotidiana sono rimasta spesso vittima di donazioni non proprio spontanee, enciclopedie non proprio utilissime e impegni presi, ben sapendo che mi sarebbe costato moltissimo mantenervi fede.
Di contro è pur vero che in molte situazioni sono stata io ad ottenere ciò che volevo mettendo in atto strategie più o meno consapevoli per arrivare all’obiettivo.
Il testo di Cialdini, attraverso l’analisi delle armi di persuasione e dei principi di base ai quali queste armi rispondono, mi ha portato ad alcune riflessioni che vorrei condividere.
Dei sei modelli fondamentali che attengono alle tattiche persuasive e che ritengo tutti parimenti importanti, quello di “impegno e coerenza” ha catturato molto la mia attenzione.
L’effetto di convincimento operato da questo principio nasce dal fatto che “l’impegno” è qualcosa che parte da me e quindi non posso sconfessarlo proprio per “coerenza”: perciò se un attimo prima ho affermato che trovo importante il ruolo svolto dalle comunità di recupero per giovani tossicodipendenti, appare ovvio che non posso poi sottrarmi ad una seppure minima offerta di sostegno, soprattutto se gentilmente richiesta da chi dal tunnel è uscito! Situazione in cui mi sono trovata poco tempo fa e che mi ha lasciato con un senso di frustrazione notevole.
Il principio di impegno e coerenza è ricorrente nel mio lavoro e prenderne consapevolezza mi sprona a trovare nuove soluzioni a problemi annosi e irrisolti, come quello del comportamento della classe anche in mia assenza, che ora riesco a valutare sotto una nuova luce.
Nel testo l’autore afferma che “per ottenere un impegno duraturo (…) bisogna che l’individuo si assuma la responsabilità interiore delle proprie azioni”. Per un adulto l’assunzione di responsabilità interiore è un concetto abbastanza chiaro e spesso portato da una serie di esperienze fatte nel corso della propria vita che generano comportamenti legati a valori intimamente e socialmente riconosciuti.
Cosa fare e come fare quando si vuole che siano invece dei bambini a sviluppare questa capacità?
Mi torna alla mente una delle ultime uscite didattiche fatte con i ragazzi. Ventisei ragazzini festosi, rumorosi e intelligenti in visita ad un sito archeologico. Quella mattina erano particolarmente agitati e a poco erano valse alcune sgridate, alzate di voce, appelli alla buona educazione da parte delle mie colleghe e me.
Qualche giorno prima avevo riordinato gli appunti del corso relativamente ai modelli di Cialdini e allo sviluppo di relazioni di qualità ed ho deciso di sperimentare un approccio diverso per far in modo che la giornata si svolgesse nel migliore dei modi.
Ho raccolto intorno a me i ragazzi manifestando loro il mio disagio e il dispiacere delle mie colleghe e mio rispetto al comportamento che stavo osservando.
Già con questa mia apertura avevo ottenuto la loro attenzione e da parte di alcuni l’ammissione di un comportamento non adeguato, ho continuato chiedendo poi loro cosa si aspettassero da questa giornata fuori aula e ho dato modo ad ognuno di esprimere le proprie aspettative, ricapitolando ogni tanto quanto stavano dicendo e attendendo da loro conferma a ciò che stavano ascoltando e dicendo.
L’attenzione del gruppo aumentava e la loro consapevolezza di volere una giornata interessante, divertente, piena di nuove conoscenze e di conferme al loro sapere, aumentava di pari passo.
Ho poi chiesto ai ragazzi secondo loro cosa avrebbe potuto rovinare le aspettative elencate ed essi stessi hanno riportato una serie di comportamenti che avrebbero compromesso il clima dell’uscita.
Nel completare l’elenco alcuni di loro osservavano come alcuni dei comportamenti enunciati erano già stati messi in atto e chi li aveva provocati manifestava segni di disagio, rientrando prontamente in atteggiamenti più tranquilli.
A questo punto ho chiesto ai ragazzi se avessero preferito continuare la giornata in modo estemporaneo e nella confusione come fatto fino ad allora o se avessero desiderato tenere un comportamento adeguato per poi avere momenti di libertà da gestire in autonomia.
La risposta fu quella desiderata.
A riprova di ciò ho chiesto inoltre ai ragazzi se pensavano che sarebbe stato utile nel corso della giornata far loro presente quando venivano rilevati comportamenti considerati non adeguati allo star bene insieme in modo da poter evitare spiacevoli inconvenienti e goderci così una bella giornata all’aria aperta in luogo così bello.
I ragazzi accettarono ma, a dire il vero, non ci fu bisogno di alcun intervento da parte nostra perché le azioni correttive, in realtà veramente poche, venivano dagli stessi compagni e senza troppa enfasi.
Il principio di impegno ad un comportamento migliore, utile a tutto il gruppo, e la coerenza a rispettare quanto da loro stesso detto ci ha permesso di godere di una giornata magnifica che i ragazzi stessi hanno definito come “la migliore gita nei cinque anni di scuola elementare”.
Essi avevano dunque, come descritto da Cialdini, sviluppato una responsabilità interiore del loro comportamento, in quanto non c’erano state pressioni da parte nostra a tenere una certa condotta, né avevamo promesso ai ragazzi ricompense o premi, ma molto più semplicemente era avvenuto che ognuno di loro si era assunto in proprio la responsabilità ad evitare un comportamento non adeguato poiché credevano di essere loro stessi a volere un corretto atteggiamento.
Questo li aveva inoltre portati a prendere coscienza di come la giornata si era svolta in tranquillità e armonia ed ognuno aveva potuto avere il meglio da questa esperienza.
Certo non voglio con questo dire che tutti gli alunni fossero diventati improvvisamente angioletti, ma sicuramente anche i più vivaci avevano contenuto la propria esuberanza, lasciandola andare nei momenti appropriati.
Il principio di impegno e coerenza in questa situazione ha permesso a tutti di godere al meglio di questa esperienza e certamente ha rinforzato in me la convinzione che utilizzare in classe una riflessione guidata come nel caso della gita, può essere utile a sviluppare negli alunni un impegno duraturo attraverso la consapevolezza e la maturazione di quel senso di responsabilità interiore che è alla base del rispetto delle regole di una convivenza civile e democratica, che nella scuola non solo è auspicata, ma ricercata e descritta tra gli obiettivi principali del percorso educativo e didattico.
Torno ora con maggiore entusiasmo alla lettura del mio testo, sicura che troverò ancora infiniti spunti di riflessione e, quegli occhi blu sulla copertina sembrano ora farmi l’occhiolino, come ad invitarmi a scoprire quegli atteggiamenti e comportamenti della nostra umana debolezza in grado di farci trovare in trappola o permetterci di portare via il formaggio senza che quella trappola scatti sulla nostra coda!!
Teresa
Complimenti Teresa! Ho letto il tuo articolo con molto interesse e mi sono ritrovata in alcuni atteggiamenti che anche io adotto in classe : ricompense, premi e punizioni non funzionano; io punto sempre sul loro senso di responsabilità, sulla presa di coscienza di alcune condotte e soprattutto li lascio liberi di esprimere le loro idee, i loro interessi cercando di mediare e di guidarli nella discussione e nel confronto.