Non so voi che mi state leggendo, ma fino allo scorso anno, quando arrivava marzo mi sentivo come se fossi sotto un ricchissimo albero della cuccagna con sulla cima dei begli obiettivi da raggiungere per la fine dell’anno scolastico e nonostante tutti i miei  sforzi continuavo a scivolare giù dal palo agitandomi e impastandomi di grasso ad ogni tentativo, con l’unico risultato di cominciare a pensare che “non ce l’avrei mai fatta!”.

Continua a leggere l’articolo scritto dalla Maestra Teresa…

Ma quest’anno no! Quest’anno il mio albero della cuccagna è diventato un palo robusto e forte con tanti pioli sicuri su cui poggiare i piedi uno dopo l’altro con la possibilità di fermarmi lungo la salita a riflettere sui passi fatti, asciugandomi il sudore sulla fronte per gli sforzi profusi. 

E i miei obiettivi sono lì, raggiungibili, chiari, definiti: il mio piano di azione appare chiaro nei suoi passaggi, la sua efficacia traspare già dalla modalità di definizione.

Miracolo?

No, “solo” l’applicazione pratica della tecnica del Problem Solving Strategico che permette di trovare, per dirla con le parole di del prof. Nardone, “apparentemente semplici soluzioni a problemi complessi”.

Ho imparato ad affrontare una questione alla volta, indagando in modo “funzionale” il problema così da portarne alla luce i diversi aspetti, per evitare che fossero le sensazioni a guidarmi e non le informazioni. 

In questo modo infatti mi sono resa conto che molti degli aspetti critici del mio problema erano basati più su delle sensazioni che delle vere e proprie oggettive osservazioni.

Mi sono poi chiesta cosa avevo fatto io ogni volta che il problema si era presentato e quali delle strategie adottate avevano dato risultati e quali no. 

Preso coscienza delle strategie con esito positivo, ho riflettuto a lungo e mi sono scoperta a perdere di vista ciò che sapevo potesse funzionare: ogni volta provavo nuove modalità di azione dall’esito incerto. Una bella presa di coscienza devo dire!

Dall’analisi della situazione è nata poi spontanea la definizione più precisa e circostanziata dell’obiettivo da raggiungere rendendolo specifico, misurabile e motivante, ho lottato con me stessa per prendere coscienza che questa nuova modalità di approccio al problema è sicuramente più funzionale di quella per tentativi ed errori; mi sono così assunta la responsabilità di portare avanti il mio progetto in tempi definiti e programmati, che mi permettano di verificare il mio percorso per eventuali aggiustamenti e correzioni.

Funziona?

Sì, posso dire di sì: mi sento più sicura, conosco i miei passi successivi, so che i tempi che mi sono data sono ragionevoli e le tappe del percorso segnano il passo.

Raggiungerò l’obiettivo?

Seguitemi e vi terrò informate sugli sviluppi e, come dice Paulo Coelho: “Quando si va verso un obiettivo, è molto importante prestare attenzione al Cammino. È il Cammino che ci insegna sempre la maniera migliore di arrivare, e ci arricchisce mentre lo percorriamo”, perciò so con certezza che anche questa volta crescerò! A presto…

Ti può interessare anche…

Condividi l'articolo sui social

Ti potrebbe interessare…

Lascia un commento

  1. Maria Rita 6 Marzo 2016 at 18:15 - Reply

    È’ proprio vero, l’insegnante metadidattico può sembrare un mago, un buon “arrampicatore” in realtà ha solo imparato ad organizzarsi, a guardarsi dentro le relazioni e gli schemi. Per questo si allena a lavorare anche con obiettivi minimi ma sicuramente ben strutturati. Così, per rimanere in metafora, si è liberato della zavorra dei contenuti della propria materia da erogare e procede più sicuro. Grazie per lo spunto di riflessione

  2. Alberto De Panfilis 6 Marzo 2016 at 18:17 - Reply

    Grazie a te per il commento, Maria Rita!!