La matematica è una scienza che di per sé, a voler essere pignoli, non ha granché a che fare con il reale. Sembra paradossale, ma in effetti è così: nonostante il mondo in cui viviamo sia dominato dalla tecnologia e da processi informatici alla cui base vi è sempre la matematica, bisogna anche affermare che la matematica non esiste. Sappiamo bene che i punti così come definiti dalla geometria euclidea non esistono, che il sistema numerico è un’ invenzione dell’uomo e che la logica non spiega che in minima parte i processi mentali e deduttivi degli esseri viventi.

Per dirla in modo ancora diverso, la matematica si presenta come una forzatura, un tentativo da parte dell’uomo di “perfezionare”, o di rendere accessibile, la natura del reale. Non esistono segmenti rettilinei nel nostro mondo, ma solo delle approssimazioni di questi. Allo stesso modo non esistono parabole o iperboli, ellissi. Dirò di più: se tracciamo con una matita un disegno qualsiasi su un foglio, quasi certamente non esisterà una funzione matematica in grado di descrivere esattamente quello che noi abbiamo disegnato.


A voler essere meno catastrofici, si potrebbe dire che la matematica ci offre una specie di via di fuga nel momento in cui la realtà appare troppo caotica e ci permette di modellizzare e sistematizzare situazioni problematiche che altrimenti, se prese nella loro totale integrità, risulterebbero inaffrontabili. Da qui viene l’idea diffusa fra gli appassionati di questa scienza che la matematica sia elegante, affascinante, addirittura perfetta. Effettivamente si potrebbe dire che la matematica è perfetta, ma non la realtà in cui viviamo.

La realtà di oggi è caratterizzata da una più evidente (rispetto al passato) complessità: nelle comunicazioni, nella globalizzazione, nelle relazioni fra le istituzioni, ma anche nella vita di tutti i giorni (quella di un insegnante che deve affrontare le nuove tecnologie, le classi multiculturali, le nuove generazioni). Tutto appare intricato e complesso e se non si riesce a percepire questa complessità, si rischia di percorrere strade tanto semplici in apparenza, quanto infruttuose a livello di obiettivo cardine dell’insegnamento. Obiettivo che dovrebbe in primo luogo essere quello di educare gli alunni alla vita nella realtà.

Io credo che il punto di maggior difficoltà nell’insegnamento della nostra disciplina sia in gran parte legato all’enorme distacco fra matematica in senso stretto (disciplina dell’astratto e della formalizzazione) e ciò che vediamo nel mondo.

Perché fino a 100 anni fa la matematica veniva caratterizzata in termini positivi e come segno di alta cultura, mentre oggi viene vista dai più come disciplina arida e difficile da apprendere? Io credo che uno dei motivi sia da ricercarsi in un diverso modo di intendere il proprio tempo storico. A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, epoca illuminista della ragione e dell’intelletto umano sopra ad ogni cosa, nasce l’elegante e (apparentemente) esaustiva analisi matematica; agli inizi del 1900, negli anni in cui si attua una rivoluzione in tutti gli ambiti della cultura, si tenta di ristrutturare (con poco successo) i fondamenti dell’intero edificio matematico.

Oggi, sembra che la matematica sia fuori dal contesto sociale in cui viviamo. Gli studenti avvertono questo conflitto e non fanno che porre domande del tipo “A cosa mi serviranno le equazioni nella vita?”. Non discutiamo qui sul fatto che risolvere equazioni significhi anche potenziare le capacità di astrazione, l’abilità di calcolo, nonché consolidare il concetto di equivalenza e interrogarsi sul significato di un linguaggio formalizzato.

La domanda diventa un’altra: in che modo sviluppare delle pratiche di insegnamento che rendano l’apprendimento della matematica calato nella realtà? Per esempio, non fornendo mai la cosiddetta “pappa pronta”.

Il problem solving è una competenza fondamentale nel mondo odierno: perché ci ostiniamo a presentare problemi già confezionati ad uso e riuso delle solite quattro formule?


Un ultimo esempio. Solitamente, gli insegnanti di qualsiasi ordine scolastico disegnano i triangoli rettangoli con il cateto corto in orizzontale, quello lungo in verticale e l’ipotenusa obliqua. È il solo modo di disegnare un triangolo rettangolo? Ovviamente no. Proviamo allora a disegnarlo in altre posizioni, alleniamo gli studenti a riconoscere triangoli rettangoli “storti” per non abituare loro e (anche) noi alla semplificazione immotivata.

Anche nell’insegnamento di una disciplina come la matematica (che tende ad interpretare il reale in modo a volte complicato, ma comunque algoritmico e definibile), è possibile dunque attuare un’educazione alla complessità del mondo, all’analisi di punti di vista diversi e di differenti strategie risolutive: la matematica diventa stimolante e attuale.

Published On: 23 Febbraio 2013Categories: BlogTags: , 5 Comments on Realtà e matematica

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  1. maria 23 Febbraio 2013 at 20:08 - Reply

    Anche io ripeto sempre i miei alunni di 8 anni che la matematica non esiste e loro mi guardano “allibiti”…..ma fin dai primi momenti li ho abituati a “problematizzare” tutto e in ciò la matematica è stata molto utile!

  2. Rosa 24 Febbraio 2013 at 10:07 - Reply

    Alla scuola primaria è ormai pratica generalizzata invitare i bambini a “riconoscere” la matematica nella realtà concreta di tutti i giorni…Non si potrebbe fare diversamente, visto che la capacità di astrazione a questa età è minima….e questo entusiasma i bambini.
    Personalmente uso fogli bianchi, invece che quadrettati, per disegnare le figure geometriche… utilzzando “angoli retti campione” costruiti con le piegature, ad esempio, facendo percepire la squadra solo come nata da un bisogno di comodità e praticità. All’uscita dalle scuole elementari di solito tutti i bambini considerano divertente la matematica (io insegno italiano e matematica da tanti anni e almeno questa è la mia esperienza) e mi pare che sia dalla prima media in poi che questa si trasforma sempre più nel mostro nero che sappiamo (basta andare a vedere i corsi di recupero e i debiti formativi…). A una serie di corsi di formazione di didattica della matematica (vedi Google: Centro Ricerche Didattiche per la Matematica e le Scienze Integrate “Ugo Morin” di Paderno del Grappa) ho visto insegnanti presentare meravigliosi esempi per le medie e le superiori di didattica capace di calare la materia nella realtà concreta, situazioni dove classi intere di ragazzi si incontravano anche la domenica per portare avanti i lavori assegnati dai docenti…. MERAVIGLIOSO ! Condivido in pieno l’idea che il mondo sia unitario (e complesso) e che le discipline, TUTTE, rappresentino una sorta di forzatura, un artificio umano per consentire alla nostra mente finita e limitata di facilitarci nel tentare di capirci qualcosa… Ma allora perchè nella didattica non si parte SEMPRE dal Mondo per giungere solo dopo alla Disciplina invece che fare l’inverso ?!?! Non è impossibile…è questione di didattica, non basta conoscere la materia (credo questo sia un equivoco ancora diffuso: quanti insegnanti di matematica hanno sostenuto anche un solo esame di didattica o di pedagogia ? Nessuno, lo so già.) Eppure è possibile…l’ho visto con i miei occhi fare da parte di docenti di matematica autodidatti davvero umili/aperti/entusiasti/appassionati. L’aver visto che la matematica quindi NON E’ così ineluttabilmente barbosa come gli studenti di generalmente la percepiscono (io stessa la ho odiata con tutte le mie forze fino a non molto tempo fa), è risultato per me consolante e mi ha instillato una forte dose di ottimismo: se si vuole, si può. Ma come in tutte le cose, se voglio scalare una montagna non posso partire con gli infradito da spiaggia e poi, se finisco in un burrone e mi rompo le ossa, accusare la Pro-loco o il CAI di non aver messo in sicurezza i sentieri ! W LA MATEMATICA !!!!

  3. gianni 24 Febbraio 2013 at 10:34 - Reply

    Concordo … bisognerebbe rendere i ragazzi consapevoli delle strategie che adottano nell’approccio ai “problemi” ..

  4. Michele 24 Febbraio 2013 at 18:18 - Reply

    Grazie dei vostri commenti e della vostra condivisione. Certamente ogni strategia che cerca di focalizzare l’attenzione sul PROCESSO di apprendimento piuttosto che sul risultato finale di un esercizio o problema è una strategia che, alla lunga, vince. Vince perché porta ad una consapevolezza, porta a quelle famose competenze di cui ogni cittadino oggi non può fare a meno. A presto

  5. Alessandra 28 Settembre 2013 at 22:20 - Reply

    Siete a conoscenza del Progetto Matematica&Realtà dell’Università degli Studi di Perugia? Tale progetto affronta tematiche innovative di sperimentazione didattica della matematica rivolto alle scuole di ogni ordine e grado.
    http://www.matematicaerealta.it