Lo scorso anno ho avuto l’occasione di collaborare come operatrice culturale in un progetto bellissimo, ospitato da un liceo scientifico.
Un evento di quelli che non ti aspetti, pieni di vita, idee e passione.
Di quelli che ti ricordano che la scuola, quando è viva, pulsa ancora forte — anche tra sigle, circolari e programmazioni che sembrano non lasciare respiro.

Lì ho incontrato professoresse straordinarie: quelle che si occupano di tutto ciò che non è “curricolare”, ma che rende la scuola un organismo vivo.
Quelle che coordinano PCTO, laboratori extracurricolari, eventi coprogettati, collaborazioni con enti culturali, progetti sociali, percorsi STEM, green o artistici.
Quelle che restano a scuola anche quando tutti vanno via, che scrivono bandi di notte, che inventano ponti dove sembravano esserci muri.

Eppure, dietro quell’entusiasmo contagioso, ho scoperto un intricatissimo intreccio di deleghe, acronimi, passaparola, cambi di programma e relazioni sottili da bilanciare con cura.
Una vera partita a scacchi, giocata ogni giorno con la concentrazione di chi deve restare sempre “in campo” e la grazia di chi sa che anche una mossa troppo veloce può cambiare l’equilibrio dell’intera squadra.

Le insegnanti attiviste della scuola viva

Ho pensato spesso che avrei voluto offrire a ciascuna di loro un percorso di coaching scolastico gratuito, un momento di respiro e orientamento per rimettere ordine tra mille iniziative, obiettivi e richieste.

Ma non l’ho fatto.
Non per mancanza di volontà, ma per realismo.

Sapevo che sarebbe stato un overload.
Un’altra e-mail, un’altra proposta, un’altra iniziativa “bella ma impegnativa” in un sistema già saturo di informazioni, link, moduli e scadenze.
Sapevo che anche la più appassionata tra loro avrebbe pensato: “Bellissimo… ma ora proprio no.”

E lì, in quel “no”, ho imparato qualcosa.

Come si inserisce un seme in un terreno già pieno?

Mi sono chiesta: come si fa, davvero, a inserire in un sistema iperstimolato un nuovo elemento di valore?
Come si porta un’idea buona, una formazione trasformativa, dentro un contesto in cui ogni insegnante è già al limite del possibile?

Forse — e lo dico con molta umiltà — chiedere ai docenti di farsi carico anche della propria formazione è a volte chiedere troppo.
È come dire a chi sta correndo una maratona: “Potresti, per favore, anche portare lo zaino?”

Eppure noi sappiamo che, una volta entrati nel flusso giusto, i pesi si lasciano per strada.
Che quando la formazione diventa esperienza, allenamento e condivisione, non aggiunge peso: alleggerisce.

Un messaggio ai dirigenti “illuminati”

Mi rivolgo allora a voi, dirigenti e leader educativi.
Con rispetto, e con la curiosità di chi conosce solo in parte la complessità del vostro ruolo.

Oggi più che mai serve il coraggio di osare nella scelta della formazione giusta.
Di cercare percorsi che non siano “un altro adempimento”, ma un vero spazio di evoluzione per le persone e per i team.

Chiamateci.
Chiedeteci storie, esempi, esperienze di scuole che hanno già intrapreso questo cammino.
Abbiamo visto istituti rinascere come organismi coesi, docenti ritrovare la loro voce, dirigenti ricostruire ponti con le famiglie e i territori.

Non si tratta di aggiungere un corso al piano annuale, ma di innescare un cambiamento culturale: passare da una scuola che sopravvive, a una scuola che vive consapevolmente.

 Perché la scuola viva è fatta di persone che evolvono

La scuola viva non è quella piena di attività.
È quella in cui le persone si sentono viste, supportate e valorizzate.
Dove i progetti nascono non solo da entusiasmo, ma da visione e metodo.

Ed è proprio lì che il coaching scolastico strategico può fare la differenza:
non come un altro “strumento da imparare”, ma come un linguaggio comune per ridurre la complessità, migliorare le relazioni e generare benessere educativo.

Dirigenti, conoscetevi, osate, chiedete.


Scriveteci, raccontateci la vostra scuola, i vostri nodi e i vostri sogni.
Siamo qui per ascoltare, progettare e costruire insieme una scuola che non si limiti a funzionare — ma che funzioni bene per le persone che la abitano.

Dafne Rubini

 Pedagogista dell’espressione e coach professionista 

 

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