A te che perdi (più o meno facilmente) la pazienza, voglio raccontarti qualcosa che ho da poco vissuto durante una giornata con le/i Docenti dell’Istituto Scolastico “San Giuseppe” di Grottaferrata (RM), nella splendida cornice dei Castelli Romani.
In quelle ore formative, tra le altre, sono emerse un paio di dritte utili per gestire la perdita di pazienza.
Il mio intervento è stato parte di un progetto formativo più ampio, condotto insieme al mio collega Jacopo Lubich, pedagogista specializzato nel supporto ai DSA.
Andiamo al nocciolo di quanto condiviso
Abbiamo toccato tanti argomenti, abbiamo condotto molte attività, condiviso pensieri, nuove idee, diversi dubbi… voglio offrirti però una super sintesi dei punti principali (secondo me):
Perdere la pazienza: tutto normale!
Perdere la pazienza o bloccarsi di fronte a situazioni stressanti non è sintomo di qualcosa di sbagliato in noi… è un meccanismo più che naturale, sano e fisiologico.
Perdere la pazienza: cosa fare?
Perdere la pazienza o bloccarsi (le reazioni fisiologiche di cui sopra 👆) ci fanno perdere leadership e autorevolezza: possiamo quindi adottare 1 strategia e 1 espediente per gestire la nostra perdita di pazienza… leggi qui sotto 👇
Come gestire la perdita di pazienza: una STRATEGIA
“Le tegole che ti ripareranno dalla pioggia, vanno costruite quando c’è il sole”: questo vuol dire che è fondamentale investire sullo sviluppo delle competenze (tecniche e trasversali) che possono aiutarci nelle situazioni di stress con le quali il nostro mestiere ci porta a fare i conti. Tu sai quali sono le competenze da irrobustire prioritariamente per te?
Come gestire la perdita di pazienza: un ESPEDIENTE
“Rivelare il perturbante nascosto”: questo significa fare qualcosa di contro intuitivo e cioè comunicare le nostre fragilità e difficoltà (in un modo dignitoso e adeguato al contesto), anziché cercare di dissimularle affinché non vengano notate. Iniziare gradualmente ad allenare questa modalità comunicativa ti farà diventare, nel tempo, letteralmente inoffendibile!
Consiglio EXTRA
“Arrotondare” i feedback, girando attorno a quanto vogliamo comunicare agli altri affinché questi non si dispiacciano o non si offendano, produce l’effetto opposto. I feedback, perché risultino nutrienti e non “intossichino” gli altri, devono essere specifici, devono far riferimento ad esempi molto puntuali e circostanziati.
E tu sei già brav* ad applicare quanto appena descritto?
P.S.: a breve uscirà anche un articolo di Jacopo, con alcuni spunti emersi durante le sue giornate!