Insegnanti, Dirigenti Scolastici e Genitori, vi consiglio vivamente di leggere questo estratto del libro Curare la scuola, scritto dalla terapeuta strategica Elisa Balbi (che ho avuto il piacere di conoscere personalmente durante alcuni corsi di formazione presso il CTS di Arezzo) e dal Dirigente Scolastico Alessandro Artini, sociologo e specialista in Amministrazione Pubblica: vi troverete due tecniche di dialogo strategico da utilizzare a Scuola o in famiglia, per rendere la vostra comunicazione ancora più persuasoria.

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Le tecniche singole

Tra le tecniche singole, quella dell’illusione di alternativa (Nardone, 2003b; Narodne, Salvini 2004) è uno strumento molto raffinato che può essere usato quando vogliamo fare domande mirate, oppure quando vogliamo indurre colui che abbiamo di fronte a fare una cosa che non farebbe in seguito a una richiesta diretta.

Le domande ad illusione d’alternativa si inseriscono all’interno della tecnica più estesa e complessa del dialogo strategico.

Questo è nato come evoluzione spontanea della modalità di condurre la prima seduta in ambito clinico, che da incontro con finalità diagnostiche è divenuta un essenziale momento di intervento terapeutico.

[…]

Si tratta di uno strumento che può essere utilizzato – oltre che nel dialogo strategico, nel quale il primo obiettivo è quello di far sentire differentemente le cose per produrre un cambiamento senza chiederlo direttamente ma ingiungendolo – anche quando vogliamo che l’interlocutore faccia ciò che desideriamo. Proprio come faceva Alessandro Magno, che ha vinto quasi tutte le battaglie con un’arma forse più potente, e sicuramente meno dispendiosa, delle armi. Egli infatti proponeva a chi regnava sul territorio che si accingeva a conquistare il quesito che abbiamo ricordato […]: “Preferisci che io distrugga i tuoi beni, violenti le donne, uccida i bambini, massacri i tuoi uomini, oppure continuare a governare la tua terra, rimanendone il reggente nel nome di Alessandro?” (Ardey, 1986).

Lo stesso Milton Erickson, con l’intento di far mangiare il figlio, gli chiedeva: “Vuoi bere questa tazza di latte adesso o preferisci berne due tra un quarto d’ora?”

L’illusione di alternative (Nardone, Mariotti, Milanese, Fiorenza, 2000; Nardone, Salvini, 2004; Nardone, 2005) consiste nell’offrire al nostro interlocutore due alternative di risposta, una delle quali, nell’ingiunzione di un comportamento, dovrà essere molto più costosa, sconveniente, faticosa, sofferta dell’altra, che è quella che vogliamo si realizzi. La tecnica funziona così bene proprio perché, storicamente e culturalmente, siamo abituati, seguendo una visione manicheista, a dividere le cose in opposti: bianco/nero, vero/falso, dolce/amaro. Se proponiamo i due frame, costruiamo una sorta di quadrato logico entro il quale si vedono solo queste due possibilità. L’illusione è duplice: quella di avere solo due possibilità e quella di essere noi – che rispondiamo – a scegliere, mentre chi domanda sa già in anticipo su quale alternativa ricadrà la nostra scelta. Si usa deliberatamente la logica ordinaria aristotelica – vero, falso e terzo escluso (se vogliamo in maniera contraddittoria, considerando che più volte abbiam affermato che calza a ben poche dinamiche) – che in questo caso rappresenta uno strumento nell’ambito di una tecnica specifica, atta a persuadere.

Nel contesto scolastico, questa tecnica è sicuramente molto utile e efficace: per questo è strategico conoscerla ed esercitarla in modo tale da padroneggiarla, in riferimento sia ai ragazzi sia agli adulti, e la sua efficacia si incrementa in maniera direttamente proporzionale alla resistenza al cambiamento di chi abbiamo di fronte, proprio in quanto questi ha l’illlusione di decidere in prima persona.

Riprendendo la teoria dei giochi (von Neumann, Morgen Stern, 1944), esistono due tipi di gioco: quello a somma zero e quello a somma differente da zero. Nel primo caso esistono un vinto e un vincitore, nel secondo vincono entrambi. Quando in un contesto educativo ci si trova a dover risolvere dei problemi, si interviene per il benessere delle persone coinvolte; quindi, se vinciamo noi, vincono anche loro; è un gioco a somma diversa da zero, nel quale l’arte della persuasione è finalizzata a far vincere entrambi. Questo significa chiaramente manipolare, ma la manipolazione non è un concetto di per sé negativo, bensì, semmai è l’uso che se ne fa a renderla tale.

Più volte, infatti, si associa l’intervento strategico al concetto di manipolazione, ma troppo spesso non si considera quello che ha espresso bene Giorgio Nardone, replicando a tale critica nel corso di una lezione, con queste parole: “Se vai da un chirurgo e ti asporta un cancro, ti manipola o non ti manipola? Lo deve fare. Se io mi butto in acqua per salvare uno che affoga, lo manipolo o non lo manipolo? E allora qual è la differenza se da me viene un’anoressica di trenta chili che rischia di morire? Le devo estrarre dalla mente il cancro mentale che la porta a continuare a non mangiare, e se uso una comunicazione manipolatoria e ci riesco, è etico o non è etico? Se io libero una persona da un disturbo ossessivo-compulsivo che lo conduce a lavarsi ripetutamente fino a consumarsi le mani o il corpo, e per farlo uso delle tecniche manipolatorie, è etico o non è etico? Certo che lo è. Non è lo strumento in sé che è etico, ma è l’uso che ne faccio a renderlo tale”.

L’ultima tecnica, estremamente utile nel momento in cui sappiamo di dover dire all’altro qualcosa di provocatorio, o che toccherà in maniera consistente le sue corde emotive, o che sappiamo gli risulterà difficile da accettare, è la tecnica dell’anticipazione (Nardone, Mariotti, Milanese, Fiorenza, 2000; Nardone, 2003b). Ad esempio dichiariamo in anticipo: “So che quello che sto per dirti ti disturberà, ma te lo devo dire, altrimenti non ti aiuto”. Così come, se sappiamo che ciò che diremo provocherà ribellione o reazioni particolari, lo anticiperemo dicendo: “Dirò questa cosa, sapendo che creerà queste reazioni”. Si tratta di una tecnica apparentemente banale, ma che previene reazioni indesiderate: infatti, se l’altro si irritasse dopo che abbiamo anticipato che si sarebbe innervosito, ci darebbe ragione, cosa che nella maggioranza dei casi non vorrà fare: quindi non si irriterà.

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  1. Maria Rita 16 Agosto 2014 at 1:24 - Reply

    Leggo queste righe nel giorno di Ferragosto, perchè, mio malgrado, non riesco ad “andare in ferie ” facilmente”, e, comunque, le trovo violente pur nella buona fede. grazie per gli spunti di riflessione.