Ecco la trascrizione dell’intervista che ho richiesto alla dott.ssa Patrizia Calanchini Monti, Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Monte San Pietro (BO), una Scuola davvero particolare!


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Come avevo già riportato in questo articolo, qualche giorno fa ho scoperto che i ragazzi delle classi prime della Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo di Monte San Pietro (in provincia di Bologna), vengono accolti in modo unico: tutti gli studenti di ciascuna classe prima vivono un’esperienza didattica residenziale di due giorni, che li terrà per sempre legati (tra loro e con i propri insegnanti).

Ecco quello che mi ha spiegato la Dirigente Calanchini Monti…

I ragazzi frequentano questo soggiorno di accoglienza per due giorni, con due o tre Docenti del loro consiglio di classe. Vanno sull’Appennino in un castello adibito ad agriturismo… agriturismo molto spartano, con le camerate, si dorme tutti nel sacco a pelo, niente di raffinato diciamo.

 

Quanto dura l’esperienza?

Stanno lì due giorni durante i quali lo scopo principale è quello di socializzare fra di loro, creare il gruppo classe, conoscersi, per quanto riguarda i bambini. Per quanto riguarda i Docenti, visto che sono i loro docenti, l’obiettivo è conoscere le dinamiche di classe, studiare un po’ il comportamento, praticamente fare quel tipo di osservazioni che nelle lezioni normali si farebbe in due mesi, lì si riesce in un concentrato a capire veramente molte cose.

 

Che tipo di attività vengono svolte?

Il tipo di attività che vengono svolte sono prevalentemente di tipo naturalistico, cioè loro vanno prevalentemente per il bosco, fanno trekking con una guida dedicata, ma non è il trekking naturalistico specifico, tecnico, della serie “raccogliamo le foglie, facciamo lo studio della flora…”; anche in parte questo, però in modo molto soft. C’è tutto un aspetto di giochi di socializzazione: a gruppi si va nel bosco, si costruisce la capanna, poi si fa la premiazione della migliore capanna, si cercano anche dei piccoli reperti, ma sempre in modalità ludica, finalizzata ad un’attività giocosa.

Per cui si riesce molto bene a gestire una situazione di ragazzini che in parte si conoscono già, visto che magari erano già alla primaria insieme, e in parte che si trovano di fronte al loro primo impatto con i nuovi compagni di classe e con i professori, che sicuramente sono diversi dai maestri delle elementari. In questo caso i bambini hanno la possibilità di prendere le misure con il nuovo ambiente, superando anche i momenti più di crisi o di difficoltà, anche relazionale.

 

Da quanto tempo portate avanti questa bella iniziativa?

Questo soggiorno di accoglienza, che ormai va avanti da tanti anni nel nostro Istituto, negli anni si è un po’ ridotto come durata, anche per il discorso costi. Questi vengono coperti dai genitori, perché il soggiorno sostituisce la gita; la gita di prima non esiste, quella che classicamente si fa a primavera, ma viene anticipata all’inizio dell’anno. Poi magari più avanti si fa un’uscita di un giorno, però la vera e propria gita è diventata questa.

 

Che impatto ha questa esperienza sugli Studenti?

Devo dire che noi abbiamo riscontrato negli anni che questa è un tipo di esperienza che sui ragazzi ha un impatto fortissimo; ad esempio l’anno scorso mi dicevano i colleghi che hanno fatto i commissari all’esame di terza media, che i ragazzi spesso, nella prova di italiano dell’esame, ancora parlano del soggiorno di accoglienza che hanno vissuto il primo mese del loro primo anno di scuola. Perché è un’esperienza forte, che nel percorso della scuola media gli resta molto impressa.

E quindi noi, nonostante le difficoltà cerchiamo di riproporla, contenendo i costi: prima erano tre o quattro giorni, adesso sono due (quindi una notte fuori). Però non ci siamo sentiti di eliminarla: non è la gita, è un’attività didattica a tutti gli effetti.

E poi questo nostro impegno a contenere i costi dipende anche dal fatto che questa è un’attività a cui tutti i bambini devono partecipare. Anche i classici tetti del 75% di partecipazione per attivare i viaggi d’istruzione tradizionali, come da nostro regolamento, vanno benissimo; però in questo tipo di esperienza è essenziale che ci sia il 100% perché altrimenti l’attività perde di significato. Laddove ci sono studenti che sono in difficoltà, perché provenienti da famiglie di stranieri neoarrivati in Italia o con genitori che hanno perso il lavoro, allora la Scuola si fa anche un po’ carico per far sì che tutti possano andare.

 

Quali difficoltà potrebbero esserci?

Una difficoltà potrebbe essere quella di trovare i docenti che accompagnino i ragazzi proprio all’inizio dell’anno… invece i docenti non la vivono come un onere in più, ma come un’attività che li faciliterà in seguito: è un valore per loro questo investimento di due giorni sull’Appennino con i ragazzi; per cui nessuno si tira indietro, c’è molta disponibilità a partecipare da parte dei docenti.

 

Chi coordina le attività dei ragazzi?

Noi ci affidiamo a queste “guide/animatori”, persone che si fanno carico delle attività e di questi giochi, però poi sono i docenti della classe che sono lì in prima persona a collaborare. Diciamo quindi che c’è un “tecnico” che guida un po il gruppo, però i docenti non sono soltanto fisicamente lì a fare sorveglianza, ma partecipano attivamente al tutto. Quindi devono anche essere persone adatte a questo genere di esperienza.

 

E gli insegnanti che non vengono coinvolti direttamente?

Dopo c’è uno scambio al ritorno: i due/tre insegnanti che hanno partecipato alle attività condividono con i colleghi, in sede di primo consiglio di classe (ad ottobre), gli esiti di questa esperienza.
Relazionano su quello che hanno osservato, quali punti di fragilità possono esserci, quali gruppetti, quali rivalità…
Poi vedere i ragazzi fuori dalla classe è molto utile per capire che tipo di personalità hanno; delle volte ad esempio ci sono ragazzi che all’interno del contesto scolastico sono un po’ fragili, però poi fuori, nella vita “vera”, hanno molte potenzialità a livello pratico; oppure viceversa.

I nuovi insegnanti che arrivano rimangono sempre molto colpiti in positivo, nonostante siano quasi increduli su come possano essere individuati gli accompagnatori: invece, come dicevo prima, questo risulta molto facile. Abbiamo sempre trovato docenti contenti di investire questi giorni con e per i ragazzi.

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  1. Dino Troncatti 28 Settembre 2013 at 13:27 - Reply

    Esperienza bella e interessante. Iniziative simili sono organizzate da molti anni anche nella scuola media dove insegno ( e dove ho lavorato). I ragazzi, accompagnati dal docente di classe e da quello di educazione fisica, trascorrono due o più giornate in montagna con pernottamento in capanna. Gli obiettivi sono gli stessi, cioèlo formare un gruppo classe che sappia lavorare in armonia. Molta attenzione viene prestata alle relazioni. Ma non è l’unico momento formativo. C’è anche la settimana bianca della durata di 3-5 giorni e per alcuni anche quella verde. Lo scopo è sempre lo stesso. Per i docenti un’occasione per osservare/ conoscere i propri allievi al di fuori del contesto scolasico e lontani dall’ambiente familiare.