Cosa pensi del concetto di zona di comfort? Se non ne hai mai sentito parlare, allora guarda questo video…
Se già lo conosci, dài comunque un’occhiata a quello che ho da dirti e fammi sapere cosa ne pensi!
Cosa pensi del concetto di zona di comfort? Se non ne hai mai sentito parlare, allora guarda questo video…
Se già lo conosci, dài comunque un’occhiata a quello che ho da dirti e fammi sapere cosa ne pensi!
sono molto d’accordo con quello che dici ;io ho notato che amo molto i cambiamenti, anche nel campo lavorativo e poche volte mi trovo nella zona di panico; sono stata dieci anni a insegnare a roseto e quando sono arrivata a montorio due anni fa mi sentivo psicologicamente in una situazione nuova ma non di panico, emotivamente riesco a gestire il disagio,pensando di conoscere meglio la situazione per poi farla diventare mia .Non so se questo sia l’atteggiamento giusto …con me funziona!L’unico momento che vado nel panico e che non riesco a gestire come vorrei sono i controlli medici miei e dei miei familiari!
Posso confermare anch’io, grazie alla mia esperienza lavorativa (e non solo), che quello che sostieni è vero. Soprattutto il fatto che l’apprendimento più sereno e proficuo è quello che avviene laddove la discrepanza tra la zona di comfort e quella di apprendimento non è eccessiva… In caso contrario, infatti, interviene il panico che paralizza, blocca, congela ogni possibilità di progresso costruttivo ed efficace. Grazie per il tuo utilissimo contributo
Il video è davvero interessante ed illuminante, non tanto per la mia situazione lavorativa quanto per la mia situazione personale.
Spesso vengo assalita dal panico e di fronte a situazioni nuove da affrontare tendo a rientrare nella zona di comfort.
Grazie per il tuo utilissimo contributo; ne farò tesoro…
Ciao Paola, ti avevo detto che era molto interessante?Sicuramente ti aiuterà!Bye, bye!
Bene, bene… sono contentissimo di leggere i vostri commenti al video.
Sono convinto che il modo migliore di “allenare” la nostra zona di comfort sia “FARE”. Fare cosa? Qualcosa di nuovo che intimamente ritengo possa essermi utile. Spesso evitiamo questo genere di esperienze solo perché “nuove”, appunto.
In effetti rimanere nella nostra zona di comfort ci consente di godere di un ottimo tornaconto a breve termine. Non vale la stessa cosa se spostiamo il nostro focus sul lungo periodo: cosa potrebbe voler dire per noi scoprirci fra cinque anni allo stesso identico “livello evolutivo” attuale? Senza aver appreso nessun nuovo comportamento, atteggiamento mentale, bagaglio emozionale ecc…
Pensiamoci su!
Qual è stata l’ultima cosa che hai fatto che ti ha portato fuori dalla tua zona di comfort? Personalmente proprio ieri ho deciso di dire ad un mio amico che in determinate situazioni con lui mi sento annoiato: praticare l'”autorivelazione” non lo ritengo soltanto un esercizio fondamentale per il nostro equilibrio emozionale, ma anche una sorta di “dovere” nei confronti delle persone a noi care (pensa ai colleghi o agli alunni)… se non avessi riferito al mio amico (con tatto e sensibilità) quello che pensavo, probabilmente gli avrei reso un grave torto. Non gli avrei consentito di mettere in discussione una parte importante di sé e della propria gestione comunicativa.
Tu che mi racconti?
In base alla mia esperienza posso dire che gli insegnanti sono generalmente conservatori, attaccatissimi alla zona di confort….occorrerebbe rendere obbligatorio uscire una volta la settimana da questa zona….fuor di battuta, sarebbe utile riempire tutto il discorso ( validissimo) di esempi pratici, quotidiani, della didattica. Giusto anche allargare il discorso al personale, ma cambiare la persona è molto molto più difficile. Comunque, complimenti, perché sai rendere interessante qualcosa che di per sé è molto semplice. Buona passeggiata a tutti fuori dal confort!
Ciao Maria Grazia,
grazie per il tuo messaggio! Sono d’accordo sul fatto che a volte gli insegnanti manifestano qualche rigidità nell’uscire fuori dalla propria zona di comfort… credo comunque che sia una pura questione di abitudine, quindi tanto vale cominciare ad “abituarsi a non abituarsi”.
Una delle attività che solitamente propongo ai docenti, per sperimentarsi un po’ fuori dalla propria area di comfort, è quella di MIMARE una parte della lezione. Nel programmare quello che si vorrà affrontare in classe l’indomani mattina, consiglio di sceglierne una parte da comunicare “senza parole”. Ovviamente coinvolgete i ragazzi/bambini, lanciando loro la sfida di indovinare nel minor tempo possibile quello che volete dirgli.
Nel caso in cui qualcuno, leggendo questa proposta, pensa che “non ha senso”, “non sai cosa vorrebbe dire farlo con la mia classe!”, “perderei soltanto tempo, ci vuole ben altro per coinvolgere/divertire i miei studenti”, o cose del genere, ci troviamo di fronte ad una bella resistenza! Ecco allora che potrebbe essere interessante affrontarla, proprio come descritto nel video che trovi nell’articolo in alto…
A chiunque andrà di sperimentare questa modalità, mi faccia sapere! ^_^