Ti scrivo da Roma, dopo un’interessante giornata di formazione con i docenti del CTS di Arezzo (Centro di Terapia Strategica), fondato da Giorgio Nardone.
Sto frequentando, da alcune settimane ormai, il corso di “Counseling Strategico in Azione” e devo dire che il modello che sto esplorando è davvero valido e ben fatto.
Magari conta poco il mio parere da ventisettenne a confronto con l’esperienza del maggiore esponente italiano di Approccio Strategico. Sono decine di anni che Giorgio Nardone consolida i propri risultati, in ambiti terapeutici e di consulenza.
L’aspetto davvero interessante relativo al contesto nel quale lavoriamo, quello scolastico, è inserito in un’ottica di intervento su situazioni problematiche (con cui capita quotidianamente di confrontarsi in classe) oppure laddove si voglia raggiungere un obietivo (didattico o disciplinare) con un ragazzo o con il gruppo classe nell’insieme.
Ma cominciamo con ordine…
In questo post ti parlerò del primissimo passo da compiere per seguire il modello di cui ti sto parlando; come sempre, mi impegnerò a contestualizzarlo in ottica scolastica.
Come spesso accade anche in altri modelli di intervento, anche l’approccio Strategico prevede una fase iniziale di accurata definizione dell’obiettivo da raggiungere.
Chi applica il modello lo fa indagando, insieme alla persona coinvolta nel processo di crescita, sull’obiettivo: l’indagine sfrutta il potere delle domande.
Le domande non sono casuali: prevedono da parte nostra un intervento che, passo dopo passo, ci conduce dal generale al particolare. Le domande con illusione di alternativa che scelta tra due possibilità. Ogni volta, quindi, saremo in grado di eliminare metà delle informazioni che altrimenti finirebbero per “distrarci”…
Un esempio pratico: immaginiamo di trovarci di fronte ad un ragazzo che non ha voglia di studiare (sto banalizzando, ma per ora ho voglia di farti capire il “processo”). Quello che potremmo fare, innanzitutto, è capire se ci troviamo di fronte ad un problema da risolvere o ad un obiettivo da raggiungere. Come fare? Lo chiediamo direttamente all’esperto… al ragazzo stesso!
“Pensi di trovarti di fronte ad un problema da risolvere, oppure ad un obiettivo da raggiungere?” – Come puoi notare, abbiamo appena posto il ragazzo di fronte ad una ALTERNATIVA (dovrà cioè scegliere fra due possibilità). Se una delle due alternative verrà “accettata” dal ragazzo potremo essere piuttosto sicuri che l’altra metà scartata non “faccia al caso nostro”.
Questo processo va avanti ad imbuto, dal generale sempre più verso il particolare.
Adesso non andrò oltre. Voglio che tu cominci a farmi delle domande su quello che abbiamo detto finora… poi continuerò a condividere con te qualche altro spunto preso dal corso organizzato dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo.
Una volta che il ragazzo ha scelto l’alternativa?Esempio: ragazzo vivace che conosce perfettamente tutte le regole della convivenza in classe ma non riesce a rispettarle… che tipo di alternativa proporre? grazie
Se fossi tu a chiedermi supporto (come hai fatto in questo messaggio), ti chiederei di specificare meglio la situazione che coinvolge il ragazzo, rispondendo alle seguenti domande (scusa se te le farò tutte insieme):
– in quali situazioni si presenta il fenomeno cui accennavi nel messaggio precedente?
– quando accade?
– ogni quanto accade?
– chi altri coinvolge?
Per ora ti lascio con queste domande, poi te ne farò altre! 😉
Devo riflettere sulle domande o ti devo rispondere? Grazie
Rispondi, rispondi… Le domande che ti ho posto mi servono ad arrivare a comprendere meglio la situazione, nel suo specifico, altrimenti non posso aiutarti! 🙂
il bambino in questione è u bambino molto dolce che ha vissuto una situazione familiare molto particolare:separazione con moltissimi problemi.
Lui cerca sempre di attirare l’attenzione sia come dialogo educativo (perchè è in gamba) sia assumendo atteggiamenti negativi, esagerati nei confronti della classe.Tipo:
parla senza rispettare il turno, se l’insegnante è impegnata con un altro bambino lui in un attimo crea confusione,si alza spesso, anche nei momenti di gioco libero disturba i compagni(anche se è molto amato in classe anche perchè è un bambino generoso)…accade ogni volta che l’insegnante volge lo sguardo da un’altra parte…coinvolge altri bambini vivaci come lui spesso agisce da solo per far vedere alla classe.Per quanto mi riguarda lui sente molto la mia autorevolezza e basta che io lo guardi negli occhi per farlo smettere e riprendere il lavoro… senza dire una parola!voglio capire se la sua è un’esigenza affettiva oppure no. spero di essere stata chiara se non è così fammi altre domande.grazie.
Emilia, sicuramente è possibile trovarci di fronte ad una sua esigenza affettiva che (almeno in parte) contribuisce a farlo reagire nei modi che mi hai cominciato a descrivere.
Specifico una cosa prima di “assegnarti un semplice compitino” da fare… in queste situazioni, il “problema” non è dell’insegnante, ma del bambino. Perché scrivo questo? Per ricordarci che, agendo sulla tua sfera di responsabilità, non potrai risolvere quel “problema” al posto del bambino, ma potrai influenzarlo con il tuo comportamento. Specifico ancora meglio: nel dire questo intendo proporti l’idea di lavorare il più possibile per il bene del bambino (poi continuiamo a confrontarci su COME fare), cercando al contempo di nutrire meno aspettative possibili nei suoi confronti. Con molte aspettative rischiremmo di scoraggiarci: non dipende direttamente da noi, ma solo indirittamente… Non possiamo cambiarlo, ma solo influenzarlo.
Dimmi se non mi sono spiegato bene, visto che questo è un aspetto cruciale e fondante… scrivere non mi permette di esprimere al 100% quello che voglio dire!
Ecco l’ESPERIMENTO PER TE: “Scrivi su un foglio (o anche qui sul sito) 10 modi in cui TU (e sottolineo TU) potresti volontariamente e deliberatamente PEGGIORARE (sì, peggiorare…) questa situazione. Fai in modo che questi 10 modi siano credibili e realistici.
Fammi sapere! 😉
Sei stato molto chiaro.Il mio intento è quello di lavorare per il suo bene e cerco di farlo …e siccome secondo me ha sofferto e soffre perchè comunque il padre non lo vede, non lo sente ed ha una pessima opinione di lui…io voglio che a scuola sia sereno e stia bene!
Non so se riesco a trovarne dieci di modi per peggiorare la situazione, ci provo:
1)rimproverarlo continuamente;
2)non gratificarlo mai anche per un piccolo miglioramento;
3)farlo sentire responsabile dei vari momenti di caos usando frasi tipo: sei sempre il solito,lo sapevo che eri tu…
4)non ascoltarlo
5)non sorridergli
6)urlargli avvicinandomi a lui.
7) usare sempre un linguaggio con : mai, sempre ,continuamente… con un rimprovero!
Spero di non avere mai questi atteggiamenti!
Grazie emi
Benissimo Emilia… eccomi di nuovo a darti qualche indicazione che mi auguro possa essere per te fonte di cambiamento (in meglio) della situazione che hai condiviso sul sito.
Un cosa che mi viene in mente e che credo debba essere approcciata il prima possibile è fare in modo che tutti voi colleghi possiate lavorare per il bene del bambino: quello che intendo dire è che, a volte (ma non so se questo possa essere il vostro caso), magari in risposta ad un periodo di particolare stress, non tutti gli insegnanti attuano strategie funzionali. Alcuni, magari, potrebbero accorgersi di mettere in atto soluzioni simili a quelle che hai descritto nel tuo messaggio precedente…
Allora come fare? Trova il modo di affrontare il discorso con le tue colleghe e, contando sulla “autorivelazione” (per te che hai già frequentato un mio corso mi riferisco al modello del “QUANDO… – descrizione come con la telecamera di quello che succede – IO mi sento…”; per tutti gli altri lettori, prometto che farò uscire a breve un post e magari anche un video proprio su questo!), scambia con loro dei preziosi feedback.
Fammi sapere come va… 🙂
Buona serata!
Ok