Come iniziare a praticare un buon Ascolto Attivo?

Basta utilizzare 6 parti del nostro corpo: scopri quali ascoltando l’audio che ho registrato per te… (ti basta cliccare sul PLAY in alto, oppure scaricando l’mp3 qui sotto).

Buon ascolto!

Condividi l'articolo sui social

Ti potrebbe interessare…

Lascia un commento

  1. maestra dany 18 Maggio 2013 at 19:52 - Reply

    Io uso il viso

  2. Manuela 19 Maggio 2013 at 10:15 - Reply

    Ma non è che se cercherò di controllare la posizione della lingua, delle spalle e le espressioni del viso, la mia mente sarà impegnata in questo e perderà parte del discorso del mio interlocutore?

  3. Antonella 20 Maggio 2013 at 17:15 - Reply

    Uso tanto le mani ma anche il viso e le orecchie e gli occhi. Nello scontro o nel conflitto non penso tanto a quello che dico ma a volte sparo a zero e dico francamente quello che penso, soprattutto quando non condivido alcuni atteggiamenti della collega. Se faccio quello che mi dici tu cioè mimare il mio interlocutore capirà benissimo le cose che io non condivido del suo modo di fare e d’agire in determinate occasioni? Perchè io voglio che capisca che non condivido.Grazie

  4. Alberto 20 Maggio 2013 at 17:28 - Reply

    Per MANUELA…
    …non preoccuparti di questo, è abbastanza normale le prime volte. Comunque, puoi fare in modo da esercitarti su un paio di parti alla volta in modo da riuscire a conservare l’attenzione adatta a non perdere nulla di quello che ascolti.
    In più, quello che diciamo sempre anche nei corsi di formazione sulla Comunicazione Non Verbale (CNV): potremo sempre chiedere al nostro interlocutore di ripetere quello che ha detto (e che magari ci è sfuggito perché concentrati sul linguaggio del suo corpo)… non potremo invece chiedergli di ripetere un suo gesto!! 🙂

    Per ANTONELLA…
    …credo che uno dei modi migliori di comunicare al nostro interlocutore che non condividiamo un suo punto di vista, sia dirglielo direttamente. Purtroppo, una delle maggiori cause di contrasti, litigi e conflitti è il “non detto”. Nella migliore delle ipotesti la persona non si accorge di nulla e noi perdiamo l’occasione di comunicare quello che pensiamo. Molto più spesso invece chi abbiamo di fronte si accorge che qualcosa “non va”. Purtroppo non è mai granché piacevole accorgerci che qualcosa non va… pensiamo a quando a noi accade di sentire che l’altro non è d’accordo e non ha il “coraggio” di dircelo.

    Nei prossimi giorni pubblicherò qualche indicazione preziosa su come praticare l’AUTORIVELAZIONE: parlo di una “tecnica” quasi magica, che ci consentirà di comunicare praticare qualsiasi cosa a chiunque vorremo.

    A presto qui su MetaDidattica! 😉
    Alberto

  5. antonella 28 Maggio 2013 at 21:04 - Reply

    Grazie, Alberto, per le tue preziose indicazioni. Sono sempre stata convinta che il linguaggio non verbale parli più delle parole e sto sperimentando i tuoi suggerimenti nella pratica didattica quotidiana. Spero davvero di acquisire questo metodo per andare….in automatico…senza dover riflettere troppo! Giuro che ci sto provando, anche se non è sempre così semplice!!! ciao anto

  6. Manuela 2 Giugno 2013 at 9:37 - Reply

    Grazie, ho tardato a rispondere, perchè ho voluto prima sperimentare (e non solo in ambito scolastico)l’efficacia del suggerimento; mi sorprendo io stessa del risultato, anche se é evidente che mi devo esercitare con costanza affinchè diventi parte integrante del mio modo di ascoltare…

  7. Giuliana 9 Agosto 2013 at 17:53 - Reply

    Sono d’accordo con Alberto che sia necessario dire al nostro interlocutore quando non condividiamo un suo punto di vista. Il punto è come dirlo. Io credo che in questi casi lo scontro nasca quando nelle discussioni mettiamo davanti noi stessi, piuttosto che ciò che è all’origine di tali discussioni. Se prendiamo per esempio la storia dell’insegnante di sostegno che aveva difficoltà a relazionarsi con una collega di classe perché non si sentiva considerata, ci rendiamo conto che l’origine del suo malessere sia proprio nel non porre in primo piano l’elemento più importante nel mestiere dell’insegnante: l’alunno e il suo bene. Pensiamo ai consigli di classe: ognuno difende la sua idea in modo così insistente che si finisce per non comprendere più se quello che interessa veramente sia l’alunno o la propria idea. Viceversa, se metto al primo posto l’alunno in tutto quello che faccio, sarà per me più facile mettermi in discussione, confrontarmi con l’idea del mio interlocutore, staccarmi dalla mia idea ed eventualmente integrarla o abbandonarla completamente se l’altra fa di più il bene dell’alunno. Quindi, se nel mio modo di pormi in classe, se in quello che dico metto avanti me stesso, lo scontro è quasi inevitabile. Ma se alla base di ogni mia azione, il mio pensiero è volto al bene dell’alunno, tutto cambia. È l’intenzione che c’è dietro quello che dico a realizzare il come lo dico. E sarà sempre l’intenzione a dare alle cose un risultato diverso. In quest’ottica, l’insegnante di sostegno potrebbe tranquillamente salutare la sua collega, parlarle delle sue idee didattiche ed integrarle eventualmente con quelle dell’insegnante di classe. E questo non per “forzare” la sua collega, ma perché non sono importante io, ma è importante il mio alunno. Infatti, se partiamo dal presupposto che l’armonia e la collaborazione tra docenti è sempre un bene per gli alunni, allora tutto il resto passa naturalmente in secondo piano. Se poi pensiamo che quello che noi consideriamo un atteggiamento ostile nei nostri confronti, spesso non è nemmeno intenzionale, le cose allora diventano ancora più semplici.
    Dunque, se io docente metto davanti non me, ma l’alunno e il suo bene, finirò con non accorgermi nemmeno più se un mio collega non mi saluta o se in un confronto di idee è stato “poco gentile”. È tutta qui la questione. Chi pongo al centro del mio lavoro e di quello che faccio: me stessa o i miei alunni? E in un mestiere come quello dell’insegnante porsi questa domanda è fondamentale, anzi doveroso!

  8. Laura 11 Agosto 2013 at 15:46 - Reply

    Ho molto apprezzato il commento di Giuliana!

  9. angela 12 Agosto 2013 at 12:16 - Reply

    …Grazie, Alberto,questi suggerimenti sono preziosi e bisognerebbe davvero metterli in pratica in ogni interazione..quello che non capisco è però quello dell’imitare le espressioni dell’interlocutore: mettiamo che mi si sta rivogendo con rabbia e arroganza..lo imito comunque?Non so forse non ho cspito bene…

  10. Alberto De Panfilis 18 Agosto 2013 at 22:25 - Reply

    Ciao Angela, ti ringrazio per la domanda più che legittima.

    Potrebbe sembrare controintuitivo, ma se una persona sta vivendo della rabbia (ammesso e non concesso che sappiamo riconoscerla… e per questo c’è il corso di Comunicazione Non Verbale che tengo personalmente insieme al mio collega Piercarlo Romeo), ricalcarne l’emozione e, solo dopo, guidarlo verso un’atteggiamento più funzionale potrà risultare utile.

    Immaginiamo di fare invece il contrario: cosa vorrebbe dire rivolgersi con un atteggiamento serafico, calmo, pacato, ad una persona che si trova a vivere una forte emozione di collera… quale sarebbe il nostro effetto nei suoi confronti? Nella migliore delle ipotesi il nostro malcapitato si sentirebbe incompreso, nella peggiore rischieremmo invece di alimentare la sua rabbia.

    Ti suggerisco di fare una ricerca sul sito, digitando “Ricalco e guida”… BUONA LETTURA! 😉