Condivido con tutti voi la riflessione che mi hanno stimolato alcuni vostri commenti all’articolo sulla Motivazione, postato qualche giorno fa.

Mi sono posto una domanda: funziona promettere ai nostri studenti e figli qualcosa, in cambio del loro impegno?

Sono d’accordo nel dire che uno stimolo importante possa (e debba) esser dato: potrebbe capitare che alcune attività vengano del tutto ignorate dai ragazzi solo perché oggi non rientrano tra le proprie preferenze.

 

Penso che ci siano comunque tanti modi di motivare: anche creare un clima di gioco e divertimento può motivare indirettamente il bambino, anche nei confronti di un’attività lontana dalla sue preferenze.

Inoltre, uno degli aspetti centrali da tenere in considerazione quando si parla di motivazione è il seguente: “concedere qualcosa in cambio” ad un bambino in modo che si impegni nei confronti di
un’attività (che altrimenti non farebbe) ritengo sia molto rischioso… Mi capita spessissimo di sentire frasi del genere “Se finisci di fare i compiti ti do il gelato”, oppure “Se finisci di mangiare quello che hai nel piatto ti porto al parco”… nel breve termine mi rendo conto che sia una leva efficace (ci fa portare a casa il risultato), ma nel lungo termine cosa comporta?

Ogni volta che promettiamo qualcosa in cambio, rischiamo di alimentare nel bambino l’atteggiamento del futuro adulto che si impegnerà non per sé stesso, per gli altri o per seguire le sue inclinazioni e passioni, ma per ricevere qualcosa in cambio.

Tra l’altro il presupposto di chi si impegna per ricevere qualcosa in cambio qual è? Il presupposto è che “manca qualcosa”. La maggior parte delle attività allora rischiano di essere svolte più per
colmare un bisogno, che non per il desiderio di farle.

Siamo sempre in tempo per aggiustare la mira, anche sui modi che abbiamo sempre usato per relazionarci con i nostri figli o studenti…

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  1. Giovanna Diodati 4 Agosto 2013 at 9:27 - Reply

    Come insegnante credo che per molti genitori di questa generazione spesso sia più semplice “promettere” qualcosa per “ottenere” perché anche loro sono stati educati allo stesso modo e non hanno altri esempi da seguire. Ma in molti di loro trovo anche il desiderio di cambiare …

  2. Sara 4 Agosto 2013 at 9:43 - Reply

    Quando le mie figlie – nei tre anni delle medie – mi dicevano, riferendosi ad alcuni compagni, che i genitori avevano promesso loro biciclette o cellulari se fossero stati promossi con voti sufficienti e noi, invece, non avevamo mai regalato loro nulla per premiarle dei bei voti conseguiti, rispondevo puntualmente (me lo ricordano ancora): “Voi state costruendo il vostro futuro. E’ questo il premio per il vostro impegno”. E quando precisavano che alcune volte avevano studiato con fatica argomenti o materie a cui non riuscivano ad appassionarsi dicevo loro: “Vi sono cose piacevoli e cose doverose nella vita e le seconde si accompagnano spesso alle prime”.
    Non so se ho agito nel modo migliore, spero solo che il futuro – anche se al momento non riesco a veder luci nemmeno in lontananza – premi realmente i giovani che hanno dedicato tempo ed energie alla loro crescita.

  3. elvira 4 Agosto 2013 at 12:16 - Reply

    Come si concilia questa posizione con la tecnologia del comportamento e la pratica del rinforzo positivo?

  4. Alberto De Panfilis 5 Agosto 2013 at 20:26 - Reply

    Grazie Giovanna, Sara ed Elvira per i vostri commenti…

    Rispondo sulla questione della pratica del RINFORZO POSITIVO: ritengo che si debba distinguere tra risultati di BREVE termine e risultati di LUNGO.
    Credo che i primi possano facilmente essere raggiunti anche con una pratica di “condizionamento” come quella del rinforzo positivo. Nel lungo termine invece penso che questa modalità non tenga conto dello sviluppo dei PERCHÉ dietro il comportamento appreso.