Qualche settimana fa ho letto un articolo che tratta dei diversi stili di apprendimento che possiamo trovare in classe, pubblicato sulla rivista online Educare.it e scritto dal prof. Carlo Salvitti.
L’autore stesso me l’ha segnalato via mail. L’ho trovato interessante: perciò lo propongo anche sul blog MetaDidattica, corredandolo di qualche commento che ritengo opportuno puntualizzare (trovi le mie riflessioni qui sotto… se non ci sono, clicca qui).
L’articolo scritto dal prof. Carlo Salvitti ha il merito di portare la nostra attenizone all’incredibile varietà che possiamo trovare in classe: ogni bambino/ragazzo/adulto è un mondo a sé e questo può rappresentare per noi uno stimolo a lavorare sulla nostra flessibilità, sperimentando strategie e strumenti sempre nuovi.
Questo articolo ci invita a riflettere sul ruolo dell’Insegnante e stimola in noi molte domande: Cosa posso fare per andare incontro ai diversi stili? C’è qualcosa che non ho ancora sperimentato? Da quali Colleghi potrei trarre spunto per trovare nuove modalità di insegnamento (ed andare quindi incontro ai diversi stili di apprendimento dei miei Studenti)?
Mi fa piacere che l’articolo pubblicato sulla rivista Educare.it contempli e sottolinei la possibilità di trovarci di fronte a ragazzi che presentano più sfumature di stili (vedi le ambivalenze): in effetti voler categorizzare in modo troppo netto le modalità di apprendere di qualcuno (soprattutto se in età dello sviluppo) rischierebbe di farci prendere qualche abbaglio.
Mi piace anche il suggerimento del prof. Salvitti di accompagnare lo Studente dal suo stile dominante a quello che ancora gli risulta poco congeniale: in questo modo si riuscirà a far evolvere il loro modo di imparare (e stare al mondo, visto che “tutto” è apprendimento).
Tra gli aspetti che migliorerei dell’articolo, c’è sicuramente la correzione di qualche refuso: può capitare quando si scrive online, ma credo sia importante dedicare la giusta attenzione alla forma (e alla formalità) anche quando si utilizzano le nuove tecnologie (altrimenti non renderemo loro giustizia).
Altro aspetto (meno di forma e più di sostanza) sul quale vorrei stimolare un’ulteriore riflessione è l’opportunità di utilizzare la guida del prof. Salvitti come “guida” appunto: (ri)conoscere gli stili di apprendimento in classe è strumento e non fine… (questo è già precisato nell’articolo originale, ma ci tenevo a ribadirlo: diamo priorità al contatto umano e non allo “studio/riconoscimento” degli stili).
Ricordiamo inoltre di riferire le osservazioni che faremo in classe ai comportamenti degli Studenti, e non al loro livello di identità (un bambino NON È deduttivo, per esempio, ma PREFERISCE uno stile di questo tipo).
Ultima riflessione: prendiamo in considerazione l’eventualità che uno Studente possa tendere verso stili di apprendimento differenti anche a seconda del contesto o della materia (una ragione in più per riferire queste nostre riflessioni ai comportamenti e non all’essere in modo piuttosto che nell’altro).
E tu, che ne pensi? Commenta qui sotto e fammi sapere la tua… 🙂