Vi propongo di seguito la lettura dell’esperimento didattico che ha condiviso con noi la Collega Rosa Iorio, che ringrazio di cuore.
In fondo, alcune mie riflessioni… buona lettura!

Da alcuni giorni notavo che con i bambini non riuscivo ad ottenere il silenzio che intendo io, non quello di che solito si chiede agli alunni: “silenzio che ora parlo io”. Volevo il silenzio che assorbe, quello che c’è intorno e che ti permette di rielaborarlo e farlo tuo…

Intanto cercavo di imparare: avevo letto l’articolo sul sito MetaDidattica riguardante l’attività per educare all’ascolto e al silenzio proposto dall’articolo tratto dal blog di Gamodì scuola… Come succede di solito che se ci pensi tanto su poi va a finire che non decidi nulla, io accantonai ogni idea al riguardo …ma poi una mattina nell’aula motoria sentii che era arrivato il momento di “sperimentare”. Durante l’ora di attività dedicata alla scoperta degli schemi motori di base con giochi di lancio della palla in canestri improvvisati, ogni bambino lanciò la palla a suo modo ma poi dissi a tutti che avremmo giocato in modo diverso: al cenno convenuto, cioè battere le mani per tre volte, tutto si sarebbe svolto nel silenzio. Rassicurai subito loro dicendo che tutto si sarebbe svolto in breve tempo e che, al segnale convenuto (sempre battere di nuovo la mani per tre volte), avremmo potuto di nuovo usare la voce. Il mio intento era di far riflettere sui gesti occorrenti per lanciare la palla, sul modo di lanciare di ognuno, sul modo di chiedere informazioni o aiuto in modo diverso dal solito sperimentando altre modalità di farlo ma soprattutto di porre attenzione agli altri. Iniziò il gioco e vedevo nei loro occhi che cercavano i miei la paura di non poter comunicare e insieme il piacere di farlo in modo diverso. Notai la ricerca di segnali non verbali per accedere a un minimo di comunicazione con me e con i compagni. Rilevai che una bambina con difficoltà di linguaggio era particolarmente a suo agio… era abituata a gestire questa emergenza e per questo si rivelava una risorsa per i compagni. Si arrivò a un minimo di segnali che subito venivano decodificati dal gruppo (la necessità aguzza l’ingegno). Alla fine i bambini raccontarono con disegni e con parole l’esperienza: si erano divertiti, e anche io mi ero divertita con loro. La mattina successiva qualche genitore ha raccontato della richiesta del proprio bambino di “fare silenzio” a casa. Qualche giorno dopo ho riproposto la stessa esperienza durante la colazione: nuovi gesti decodificati. Il silenzio nutre. Nutre nuovi modi di comunicare, di chiedere aiuto, di conoscere gli altri, di fare gruppo, di imparare, di divertirsi.

 

Le mie riflessioni

  • L’importanza di “non tirare troppo la corda”: comunicando ai bambini che si sarebbe tornati a parlare dopo poco, Rosa ha evitato di forzare inutilmente il suo essere entrata in guida con un’attività nuova.
  • Alternare le attività: fare in modo che le diverse modalità di gioco si mescolino fra loro risulta importante per il processo di apprendimento e integrazione. Questo aiuta gli Studenti a percepire la novità come più affine a quello che già risulta loro familiare.
  • Dimensione metacognitiva: attraverso il silenzio si amplifica notevolmente la consapevolezza dell’attività che si sta svolgendo, accentuando quindi i risvolti metacognitivi della sperimentazione in atto.
  • Silenzio come GIOCO: il fatto che alcuni bambini abbiano riproposto anche a casa dei momenti di silenzio ci suggerisce che l’attività svolta sia stata proposta (e quindi percepita dai bambini) come un gioco. Il ludus (vedi in fondo gli articoli correlati) migliora senz’altro il livello di coinvolgimento, e quindi di apprendimento, dei bambini.
  • Cambio di modalità: molto interessante la risposta notata nella bambina con difficoltà di linguaggio. Questo può farci riflettere su quanto variare le modalità proposte in classe possa rappresentare una risorsa: i Docenti possono percepire da altri punti di vista i propri Studenti, e questi possono percepire se stessi in modi ulteriori, acquisendo autostima ed autoefficacia.

Complimenti a Rosa, che fa parte del gruppo facebook degli Sperimentatori MetaDidattica e che ha voluto mettere in pratica alcune proposte condivise su questo sito.

Invito chiunque abbia voglia, a fare altrettanto: clicca qui e fammi conoscere quello che hai sperimentato.

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  1. Rita 3 Ottobre 2019 at 13:27 - Reply

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