Questo stratagemma rappresenta forse l’anima del campo di studi che sto approfondendo da più di due anni ormai: l’Approccio Strategico messo a punto dal prof. Giorgio Nardone. Devo dire che ne rimango sempre più affascinato.

Vediamo in che modo il partire dopo per arrivare prima può consentirci di ottenere risultati diversi (e più soddisfacenti)…

Come ogni contesto organizzativo complesso, la Scuola mette quotidianamente a dura prova le nostre capacità di Problem Solving, ponendoci di fronte ad innumerevoli nodi da sciogliere. Questi possono coinvolgere differenti realtà (gli Studenti, i Colleghi, le Famiglie, la Dirigenza, il Personale Scolastico, noi stessi, ecc.) e manifestarsi a più livelli (comunicativo, di pensiero, emotivo).

Quando ci si presenta un problema da risolvere, soprattutto quando questo ci coinvolge in modo profondo e pervasivo (ed il più delle volte è proprio quello che succede a Scuola), una delle prime reazioni che tendiamo ad avere è quella di andare subito alla ricerca di una soluzione. La maggior parte delle volte, questo approccio “reattivo” ci dà l’illusione di migliorare la situazione, quando in realtà non fa altro che peggiorarla.

Diamo così vita alle cosiddette tentate soluzioni: strategie (più o meno consapevoli) che mettiamo in atto con le migliori intenzioni, ma che finiscono per sortire gli effetti peggiori (alimentando così il problema). Come recita un famoso proverbio “La strada che conduce all’inferno è lastricata di buone intenzioni”; ma come mai accade questo?

Molto spesso il “semplice” interrompere le tentate soluzioni ci favorisce nell’iniziare a risolvere il problema (per la serie: il primo passo per migliorare la situazione è innanzitutto smettere di peggiorarla!).
In questo caso dobbiamo ricordarci che, con una buona metodologia ed ispirati da Occam, è possibile trovare soluzioni semplici a problemi complessi.

Per questi motivi è bene tenere a mente quello che diceva Napoleone: “Siccome ho molta fretta… vado molto piano”. Lo stratega còrso aveva fatto suo questo principio, rammentando a se stesso e ai propri generali di partire dopo per arrivare prima.

Ecco l’anima dell’Approccio Strategico: per prima cosa studiare il problema. Ovviamente è importante avere a disposizione una tecnologia che consenta di ottimizzare i tempi e rendere questa fase efficace ed efficiente.

Tra l’altro, raccogliere le giuste informazioni sul problema che si vuole affrontare, significa anche cominciare a vedere quest’ultimo da un’altra prospettiva: riuscirvi può fare la differenza.

In buona sostanza essere strategici vuol dire dedicare la maggior parte del proprio impegno a creare le migliori condizioni perché “vincere” risulti non soltanto auspicabile, ma inevitabile.

Per farlo è necessario agire e non reagire; in quest’ultimo caso difficilmente riusciremo a sortire gli effetti desiderati e funzionali al risultato che vogliamo ottenere.

Come dei buoni giocatori di scacchi, prima di effettuare qualsiasi mossa è opportuno studiare quali vincoli e quali opportunità ci offre la nostra scacchiera. Se questo approccio ti sembra freddo e calcolatore, è bene ricordare che, laddove rivestiamo un ruolo di responsabilità e guida, questa ricerca non rappresenta un semplice vezzo stilistico, ma un vero e proprio dovere.

Tutto quello che hai appena letto vale sia quando il nostro intervento serve a risolvere problemi che influenzano noi direttamente, sia quando sono gli altri a chiederci supporto (o è il nostro ruolo a chiederci di farlo, ad esempio come Insegnanti, Genitori, Colleghi, Compagni, ecc.).

Nel prossimo articolo vedremo in quali occasioni pratiche può risultare essenziale far tesoro dello stratagemma introdotto in questo post, per iniziare da subito a sviluppare le nostre capacità strategiche.

P.S.: se questo articolo non ti ha soddisfatto, perché non presenta ancora strategie pratiche di intervento nei contesti educativi, ti invito a mettere da subito alla prova quanto ci siamo detti e, anche in questo preciso momento, ricordati di partire dopo per arrivare prima.

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  1. Bruna 13 Maggio 2014 at 23:07 - Reply

    Nei problemi di fisica, più ancora che in quelli matematici, dico sempre agli studenti di “pensare”, “immaginare” la situazione, pensare alla ragazza che scia, prima ancora di pensare alle forze (peso, attrito…) agenti, prima ancora di scrivere le equazioni del moto, pensare alla neve, agli sci, ai materiali, al perchè una ragazza abbia scelto una pista ripida ed altra la pista poco ripida…e pensare pensare almeno cinque minuti; sfruttare l’esperienza, il vissuto, la capacità di previsione, più che andar subito a cercare di metter giù numeri ed equazioni. …Ma sono curiosa di sapere meglio di questa strategia da voi proposta. Magari ho ancora da capire tanto..

  2. Vincenzo 22 Novembre 2015 at 10:01 - Reply

    Desidero essere informato sulle modalità di applicazione della metadidattica. ….grazie

  3. Alberto De Panfilis 23 Novembre 2015 at 11:06 - Reply

    Gentile Vincenzo,

    sono contento che abbia voglia di approfondire il metodo MetaDidattica.

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