La settimana scorsa ti avevo proposto la lettura dell’articolo Partire dopo per arrivare prima – L’anima dell’approccio strategico.

Di seguito ti faccio alcuni esempi di come potresti applicare a Scuola questo prezioso insegnamento strategico, quello che Napoleone riassumeva nel suo celebre aforisma “Siccome ho molta fretta, vado piano”.

Una delle situazioni più utili nelle quali ci sarà molto utile ricordare di avere un approccio strategico è quella in cui ci troviamo di fronte ad un Alunno in difficoltà.

Molto spesso ci accade che, mossi dalle migliori intenzioni, partiamo in quarta per prestargli aiuto: lo facciamo con il nostro cuore di Insegnante in mano (di frequente anche come Genitori), per far sì che il prima possibile la situazione migliori.
Purtroppo, quando la nostra reazione emerge così istintiva, non sempre produrrà gli effetti che ci auguriamo di ottenere. Potremmo aver mancato di esplorare il COSA/CHI/COME/QUANDO/DOVE… oppure potremmo non esserci accertati che, in quel momento, il nostro aiuto sarebbe stato accolto.

In questi casi sarebbe opportuno valutare la situazione, eventualmente confrontarci con qualcuno e, in ogni caso, usare il potente strumento che ti descriverò alla fine di questo articolo…

Altra situazione: siamo sempre di fronte a qualcuno in difficoltà (questa volta anche un amico o un Collega) che si confida con noi. Una delle prime (re)azioni che ci viene spontanea è quella di dare un buon consiglio.
In questo caso produrremmo, sempre con le migliori intenzioni, due effetti poco funzionali (per l’altro e per noi, quindi anche per il rapporto che ci lega): da un lato potremmo risultare poco piacevoli. “Ma come?! Non solo mi dedico anima e corpo all’altro, adesso mi tocca sentire anche che potrei risultare poco gradito!?”. Ebbene sì: in questi casi non è detto che l’intezione positiva basti a farci ottenere quello che vogliamo. In realtà, dare un consiglio a chi ci sta confidando una sua difficoltà non fa che peggiorare la situazione: il meta-messaggio di un consiglio dato a chi non ce l’ha richiesto è il seguente “Sei talmente stupido che, nonostante tu ci stia pensando da tempo, non eri riuscito a capire che basta fare così come ti sto dicendo io in quattro e quattr’otto!”. Non è quello che volevamo trasmettere, ma oltre al contenuto della nostra comunicazione (il messaggio), dobbiamo fare i conti con i presupposti che questa veicola (il meta-messaggio).

Inoltre, suggerire una soluzione è di gran lunga meno efficace rispetto al guidare l’altro a scoprire da solo quell’opportunità di crescita (semplice suggerimento vs scoperta congiunta). Addirittura alcune volte, anche se la strada indicata potrebbe risolvere il problema dell’altro, il semplice fatto di averla suggerita la “brucia”.

Se anche l’altro dovesse decidere di mettere in pratica quello che gli abbiamo consigliato, potrebbe non essere in grado di riuscire: in questo caso, oltre al problema iniziale ci troveremmo a dover gestire anche la frustrazione.

Cosa fare allora? In fondo all’articolo troverai una prima alternativa!

Lo stesso meccanismo reattivo potrebbe prendere il sopravvento nei casi in cui ci siamo scontrati con qualcuno e siamo usciti dal quel confronto incrinando il rapporto; per qualcuno questa “ferita relazionale” non è sopportabile e quindi la rezione è quella di tentare immediatamente il tutto per tutto per ripianare il diverbio.

Purtroppo questo rischia di far inalberare ancora di più l’altro (che potrebbe non aver altrettanta voglia di “far pace”) che aumenterà la distanza; si viene a creare così un circolo vizioso.

Di nuovo… in fondo all’articolo c’è una buona dritta!

Ti faccio ancora un altro esempio: sei a colloquio con alcuni Genitori convinti che tu sia nel torto (loro, ovviamente, nella ragione). Le vostre opinioni sono in scontro e la reazione che potrebbe venirti spontanea è quella di voler “far ragionare” l’altro, smontando la sua tesi e spiegando per filo e per segno la tua (questo nella migliore delle ipotesti, visto che spesso si passa a modalità autoritarie che la maggior parte delle volte danno vita a monologhi, piuttosto che dialoghi).

Ovviamente questa situazione la possiamo ritrovare ogniqualvolta siamo in disaccordo con qualcuno.

Cosa fare allora? Oltre alla strategia che trovi in fondo all’articolo, ti suggerisco anche di leggere gli articoli relativi al ricalco e guida (ne trovi altri anche in fondo all’articolo, nella sezione “Articoli correlati”).

Ricordiamo che il rischio di una soluzione “presa di pancia”, piuttosto che frutto di un procedimento strategico, risulta tanto maggiore quanto più profondo è il nostro desiderio di trovare una soluzione, nonché maggiore è il nostro coinvolgimento emotivo nei confronti della situazione.

Una possibile soluzione: il COME PEGGIORARE

Uno dei primi passi per valutare una soluzione strategica (anziché reattiva) è sperimentarsi nella pratica del come peggiorare.

Anziché andare alla ricerca compulsiva di soluzioni, valutiamo prima che cosa farebbe peggiorare la situazione. Nello specifico chiediamoci: cosa potrei (non) fare/pensare per essere certo di peggiorare la situazione?

Lasciati andare e scrivi almeno una quindicina di voci che pensi possano aiutarti a NON risolvere la situazione problematica che ti si è parata di fronte.

 

Questo ti servirà a creare un perimetro di sicurezza attorno al problema; poi, prima di fare qualsiasi cosa, prendi questa lista e controlla di non fare nulla che possa alimentare il problema!

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