Un paio di giorni fa mi è stata affidata per una giornata una Classe di circa 25 Studenti di un Master universitario piuttosto importante.

L’obiettivo della giornata era quello di lavorare sul cosiddetto team building: il gruppo Classe che avevo di fronte si era infatti costituito da pochissimi giorni e molte delle persone coinvolte nell’attività si sarebbero viste di persona per la prima volta proprio in occasione della giornata che avremmo trascorso insieme (i giorni precedenti, per alcuni di loro, i contatti erano avvenuti in streaming).

Una buona parte del gruppo con cui ho svolto le attività della giornata si è rivelata molto “impegnativa da gestire”: leggi l’articolo per scoprire cosa è successo e quali strategie mi hanno aiutato…

Nonostante siano anni che incontro (più volte all’anno) gruppi di Studenti con lo stesso background, quella di un paio di giorni fa è stata davvero un’esperienza più impegnativa del solito: un gruppetto di 4/5 Ragazzi mi ha costretto a fare i conti col fenomeno “ultima fila del pullman”. Fuori da ogni metafora, mi sono trovato alle prese con attività assegnate e non eseguite, molti momenti di sovrapposizione verbale (coppie o mini-gruppetti che parlavano durante i momenti di spiegazione o di assegnazione delle attività), sorrisi (ho la tentazione di scrivere “sorrisini”, ma mi trattengo) tra compagni interrotti non appena il mio sguardo arrivava ad intercettarli, comportamenti espliciti da free-rider in occasione delle attività di gruppo, comportamenti tipicamente “da pausa” adottati in momenti che di pausa non erano, ritardi di 25/30 minuti rispetto agli appuntamenti stabiliti.

Bene, definita questa cornice di contesto, voglio condividere con te tutto quello che ho fatto (o cercato di fare), che mi ha permesso di dare letteralmente una svolta alla giornata.

Per prima cosa parto dagli errori che ho cercato con tutto me stesso di non commettere (facendo una gran fatica!):

  • confondere i “problemi” con le persone: lasciarsi trascinare in considerazioni personali sulle persone che ci stanno mettendo alla prova perdendo di vista i “fatti” che stanno accadendo, sottrae risorse al nostro pensiero strategico; chiedersi “Perché questo Ragazzo si comporta così?” o “Ma come si permette di avere questo atteggiamento?” mi distrae dall’unica domanda funzionale che potrei farmi, e cioè “In che modo posso interagire al meglio con quello che sta accadendo ora?”.
  • Prendere gli accadimenti sul personale: interpretare i comportamenti scorretti e “provocatori” come riferiti a me o a qualche mia caratteristica o comportamento, offrirebbe il fianco ad una serie di paturnie che di certo farebbero crescere la tensione e il senso di inadeguatezza. Quello che gli altri dicono o fanno, molto molto probabilmente non riguarda noi: non siamo così importanti!
  • Avere fretta di “risolvere”: quando ci si trova davanti ad una situazione complessa da gestire, uno degli errori più comuni è iniziare da subito a mettere in campo delle contromisure. Questo veicolerebbe una serie di meta-messaggi decisamente disfunzionali. Eccone alcuni: “Non riesco a sostenere la pressione”, “Credo di avere la soluzione in tasca”, “Sto trattando il vostro caso come ho fatto con tutti gli altri”… Ognuno di questi stimoli peggiorerà probabilmente la situazione; per questo dobbiamo imparare a partire dopo per arrivare prima.
  • Alimentare alcuni comportamenti con la mia attenzione: le nostre reazioni di pancia e le strategie “affrettate” che potremmo mettere in campo, alimenterebbero i comportamenti disfunzionali che intendiamo inibire, creando un vero e proprio paradosso. Quando perdiamo le staffe o, più in generale, ci facciamo influenzare dai comportamenti altrui, è molto probabile che questo dia molta soddisfazione agli autori di quei comportamenti. La migliore strategia, in questo caso è vincere senza combattere.
  • Perdere la pazienza: non c’è molto da dire su questo punto… probabilmente è l’errore che più riconosciamo e dal quale cerchiamo maggiormente di tenerci alla larga. E facciamo bene! Anche perché cadere in questa trappola favorirebbe tutti gli altri punti di questo elenco!
  • Mettere il gruppo contro il singolo: alcuni pessimi consigli legati alla gestione dei gruppi in formazione prevedono di mettere in minoranza coloro che rappresentano la fonte del disturbo e sfruttare la leva “vantaggiosa” del gruppo per inibire i loro comportamenti disfunzionali. Credo invece che fare questo sia decisamente poco elegante, nonché poco professionale: il gruppo va sempre tutelato e mai parcellizzato… a maggior ragione se l’obiettivo della giornata è lavorare sul team building!
  • Trascurare chi invece ha voglia di impegnarsi: cercare (molto spesso invano) di recuperare l’attenzione e la considerazione di chi ha scelto di non dedicarsi alle attività formative, inevitabilmente ci porta a distrarci dal resto del Gruppo, che invece vuole trarre il massimo dalle attività proposte. La trappola è quindi di perdere tutti per cercare di recuperare qualcuno.
  • Scadere io nella mancanza di eleganza: la tentazione di mandare qualcuno a quell’altro paese, di sbuffare o di lamentarmi è stata molto forte; ma probabilmente avrei dato un’impressione di me distante da quella che preferisco. Sarei quindi stato “influenzato” o addirittura “vinto” dall’esperienza…
  • Scadere io nella mancanza di professionalità: se per esempio mi fossi fatto influenzare dai ritardi, avrei preso anch’io con più calma i ritmi della giornata; se mi fossi fatto influenzare dalla mancata partecipazione di qualcuno alle attività, avrei fatto meno proposte didattiche o lanciato attività meno stimolanti; se mi fossi fatto influenzare da chi non mi dava una risposta, avrei posto sicuramente meno domande… sarei stato influenzato anziché influenzare.
  • “Chiamare la mammina”: una tentazione sarebbe potuta essere quella di rivolgermi all”autorità, contattando per esempio gli organizzatori del Master. Questo però non avrebbe fatto altro che sottolineare un meta-messaggio decisamente disfunzionale: “Il mio intervento da solo non basta. Ho bisogno di aiuto per gestire questa situazione.”… bene, ma non benissimo!
  • Adottare uno stile “sacrificante”: cercare di far sentire in colpa i “dissidenti” facendo leva sul tempo e le aspettative che io stavo investendo nell’attività, oppure su quello che i propri compagni di Master avrebbero desiderato sarebbe stata un’ingenuità; per prima cosa non è detto che tutti siano così attenti alle esigenze altrui, in secondo luogo se anche lo fossero con una mossa del genere non gli staremmo dando alcun supporto per riuscire a cambiare di fatto atteggiamento. Quando tentiamo di far sentire qualcuno in colpa per un suo comportamento, stiamo presupponendo che questi non abbia intenzione di “comportarsi bene”: grande, grande ingenuità!
  • Parlare male di chi si stava “comportando male”: più volte qualcuno è venuto a lamentarsi da me del comportamento di alcuni compagni di corso; sarebbe stato molto facile lamentarmi a mia volta. Ma questo avrebbe voluto dire ammettere “non so che pesci prendere”, schierarmi contro una parte del gruppo (creando quindi in automatico dei “sotto-gruppi”) e, fino a prova contraria, ritrovarmi a parlare (male) di qualcuno non presente. Tutte mosse decisamente poco intelligenti, poco eleganti e probabilmente più frutto di uno “sfogo” che non di una reale scelta strategica. Niente di buono, insomma!

Di seguito invece quello che alla fine della giornata ritengo abbia fatto la differenza:

  • usare lo stratagemma del saggio che si finge stolto: non aver fretta di voler dimostrare all’altro che si sta comportando in modo inappropriato, ma fare in modo che se ne persuada in autonomia.
  • usare lo stratagemma del far salire il nemico in soffitta per poi togliere la scala: questo passaggio ha preparato il successivo in elenco. In particolar modo ho fatto sì che fosse il gruppo a chiedermi un feedback sul gruppo stesso e… bingo!
  • usare il modello F.A. S.P.E.S.A.: dare un feedback specifico negativo al gruppo, in quelle condizioni, è stato come affrontare l’impresa funambolica portata a termine negli anni ’70 da Philippe Petit. Quasi impossibile, ma realizzabile con gli strumenti giusti. Il modello che abbiamo sviluppato a questo scopo fa magie!
  • usare il modello S.A.G.R.A.: per coerenza (e per dare il buon esempio senza dover fare “raccomandazioni”) ho voluto ricevere io feedback da chiunque volesse darmene. Questo nonostante fossi consapevole che la giornata non fosse stata la migliore di sempre… Ma la mia richiesta di feedback da un lato e l’applicazione del miracoloso modello S.A.G.R.A. dall’altro, ci ha permesso di chiudere in bellezza la giornata. E sì, la soddisfazione è stata davvero grande (come del resto anche la fatica): ne è valsa la pena!

Sono convinto che queste competenze, allenate e maturate negli ultimi anni, mi abbiano consentito di dedicarmi al meglio ai tanti Ragazzi intenzionati a vivere a pieno l’esperienza formativa, di aver forse (e sottolineo il “forse”) lasciato un semino in coloro che hanno avuto una condotta discutibile per gran parte delle ore, ma soprattutto di aver portato a termine la giornata soddisfatto dei miei comportamenti e della mia professionalità (e questo non ha prezzo!).

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  1. anna 1 Novembre 2020 at 20:10 - Reply

    che andassero a fare in c…………

    che si facessero curare da un bravo psichiatra!

  2. Alberto DP 1 Novembre 2020 at 22:07 - Reply

    Anna, mi dispiace aver stimolato questa reazione… direi che lo scopo dell’articolo era tutt’altro.
    Limitarmi a “chiudere la pratica” in questo modo (anche solo nella mia testa) sarebbe stata una sconfitta cocente. In fondo, come diceva Pessoa, “Porto ancora addosso le ferite delle battaglie che non ho combattuto”.
    Spero a presto, con un altro commento! 🙂
    Alberto

  3. Claudia 1 Novembre 2020 at 22:26 - Reply

    Il saggio che si finge stolto: sarei molto curiosa di capire come hai fatto a fare in modo che l’altro si persuadesse in autonomia di essere inappropriato!

  4. Alberto DP 2 Novembre 2020 at 8:53 - Reply

    Claudia, stamattina manderò una nota vocale dedicata sul canale Telegram di MetaDidattica… ci vediamo lì! 😉
    t.me/metadidattica