Ogni volta che ci troviamo di fronte alla necessità di proporre un nostro punto di vista, con la nostra comunicazione possiamo percorre ben quattro strade:
- spiegare;
- convincere;
- manipolare;
- persuadere.
Se sei un Insegnante, un educatore, un formatore, o se in generale vuoi comunicare in modo efficace con i tuoi interlocutori, non puoi non conoscere le differenze sostanziali che intercorrono tra queste quattro tipologie di comunicazione, nonché gli effetti prodotti da ciascuna.
SPIEGARE
Descrizione: lo intendiamo come un trasferire informazioni. Questo può avvenire attraverso azioni formative o informative, appunto. Si tratta di una modalità piuttosto lineare, che non richiede nessuno strumento particolare, se non la conoscenza delle informazioni da trasferire e, ovviamente, la capacità di comunicarle in modo chiaro.
Rischi: il rischio più grande, quando si tratta di spiegare, è quello di ripetersi, coltivando l’illusione che farlo possa far cambiare il punto di vista/atteggiamento/comportamento del nostro interlocutore. Ogni volta che ripetiamo qualcosa di già noto, stiamo rovinando la relazione (pensa ad un fumatore al quale continuano a ripetergli che “fumare fa male”!).
Quando: lo spiegare può essere utilizzato con efficacia solo quando l’altro non ha le informazioni che vogliamo trasferirgli. La domanda che dobbiamo farci, perciò, prima di iniziare a spiegare qualcosa a qualcuno è la seguente: “Già lo sa?”: se la risposta è “no”, allora vale la pena procedere, altrimenti meglio non tentare l’impossibile.
Esempio: posso spiegarti una procedura che tu non conoscevi, oppure una regola della quale non eri a conoscenza.
CONVINCERE
Descrizione: potremmo pensare al “convincere” come ad uno “spiegare 2.0”. Di fatto, le informazioni trasferite con la spiegazione sono seguite da ragionevoli motivazioni. Ci accorgiamo che stiamo provando a convincere qualcuno, quando utilizziamo tante volte la parola “perché”.
Rischi: il rischio più grande di questa modalità comunicativa è che si dia il via ad un estenuante braccio di ferro che vedrà le nostre ragioni a confronto delle ragioni del nostro interlocutore. Dal momento in cui nessuna delle due parti, probabilmente, si lascerà convincere dal punto di vista della controparte, si finirà probabilmente per vivere una escalation simmetrica che rarissimamente porterà ad un confronto arricchente. Attenzione!!
Quando: potrebbe aver senso tentare la strada del convincimento solo quando il nostro ascendente nei confronti dell’interlocutore è davvero importante. Questo di solito accade quando il nostro ruolo in un determinato ambiente è sentito e riconosciuto. In ogni caso, far leva su questo fattore significa sottoporre a qualche pericolosa sollecitazione la relazione.
Esempio: un medico potrebbe convincere un paziente che lo percepisce come competente e di valore. “Signor Rossi, deve seguire questa terapia perché è importante per la sua salute”.
MANIPOLARE
Descrizione: per semplificare molto, possiamo dire di essere di fronte ad un processo manipolatorio quando ci troviamo di fronte alla tecnica (più o meno consapevole) del bastone e carota. Minacciare un nota (o qualsiasi altra “ritorsione”) oppure promettere qualcosa in cambio di un determinato comportamento (10 minuti di pausa al termine dell’ora o un’attività particolarmente gradita per la Classe) significa, per come lo intendiamo in questo contesto, manipolare il nostro interlocutore.
Rischi: il bastone funziona finché viene brandito; quando ci dedicheremo ad altro, probabilmente il comportamento originario tornerà ad essere presente. Inoltre un bastone di carnevale non “muove” nessuno: facciamo riferimento a minacce/punizioni con un peso specifico basso per chi le riceve oppure quelle non mantenute. Aggiungo anche che le terga del mulo si abituano in fretta alle vergate, il che ci porterebbe ben presto a sviluppare uno stile “violento”: anche noi corriamo il rischio di abituarci presto all’infliggere bastonate sempre più forti, alimentando in questo modo un pericolosissimo circolo vizioso.
Per quanto riguarda la carota, il rischio più grande è che i nostri interlocutori si abituino presto a riceverla. Se i 10 minuti di pausa oggi sono un premio con un determinato “valore”, domani diventeranno qualcosa di meno attraente o addirittura di preteso!
Quando: faccio fatica a definire un momento/contesto in cui potrebbe valer la pena utilizzare questa modalità comunicativa. Forse (e sottolineo forse) in situazioni di urgenza. Quando stiamo raschiando il fondo delle nostre energie (fisiche o mentali), potrebbe aiutarci “smuovere” la situazione utilizzando leve vantaggiose nel breve termine (punizioni e ricompense, appunto). Ancora una volta: stiamo attenti a non percorrere troppo spesso questa strada. Può essere molto utile darsi una regola ben definita: per esempio, massimo una/due “manipolazioni” al mese.
Esempio: non credo ci sia un esempio edificante di manipolazione. Forse potrebbe valere la pena di approfondire la differenza tra premi e incentivi.
PERSUADERE
Descrizione: quando parliamo di persuasione, intendiamo riferirci ad uno stile di comunicazione che ci porti per primi ad aprirci al punto di vista altrui, per aumentare le probabilità che l’interlocutore faccia altrettanto con il nostro modo di vedere le cose. In sostanza, come asseriva Pascal, “ci si persuade prima e meglio delle proprie ragioni”. Per questo motivo può essere interessante sviluppare uno stile di comunicazione capace di proporre qualche prospettiva in più, anziché affilare le lingue con l’intento di smentire le opinioni altrui.
Rischi: più che di rischio, penso sia opportuno parlare di complessità. Quella principale è allenare uno stile persuasorio, dal momento in cui talvolta questo ci richiede di percorrere strade controintuitive. Per farlo è necessario allenare non solo l’utilizzo della comunicazione, ma anche il proprio equilibrio emotivo (se prendiamo una questione sul personale, sarà difficile adottare uno stile persuasorio o strategico).
Quando: ogni qualvolta parlare alla ragione del nostro interlocutore non basta, quando cioè spiegare e/o convincere non ci porta da nessuna parte.
Esempio: far sì che la Classe si apra ad un’attività impegnativa; aumentare le probabilità che i Genitori di un nostro Alunno prendano in considerazione la possibilità di una visita specialistica che possa aiutare il figlio; far nascere in un Collega l’interesse a conoscere una nostra proposta; ecc. Ognuno di questi esempi riporta una situazione in cui le sensazioni dei nostri interlocutori non consentono loro di accogliere le nostre proposte: la Classe sa che è importante esercitarsi, ma non ne ha voglia; i Genitori sanno che consultare uno specialista è un’opportunità, ma non se la sentono; il Collega sa che creare sinergie ha una buona ricaduta sui Ragazzi, ma non ne ha le energie/forza/voglia.
Se ti va di approfondire la differenza tra queste quattro fondamentali modalità di comunicazione, leggi lo splendido libro scritto dal prof. Giorgio Nardone, La nobile arte della persuasione. Te lo consiglio di cuore!