Quanto ci piace capire!
Quando siamo alle prese con un problema, la cosa che ci viene più spontanea è cercare di capire perché il problema si è verificato. Lo facciamo quando vogliamo dare supporto ad uno Studente in difficoltà, quando insieme ai nostri Colleghi non riusciamo ad ottenere i risultati attesi, quando in autonomia non troviamo la chiave di volta per “svoltare”.
È più forte di noi: qualcosa non va e ne cerchiamo la causa. L’intenzione è più che degna: individuare la causa ci permetterà di risolverla, risolvere la causa dovrebbe inequivocabilmente risolvere il problema. O forse no?!
Dipende! Dipende da quale tipologia di problema stiamo approcciando. Se siamo di fronte a dinamiche regolate da logiche causa-effetto lineari, descritte dalle cosiddette scienze esatte e da buona parte delle scienze biologiche, allora andare a caccia delle cause può avere molto senso.
Se invece la questione che stiamo affrontando prevede anche l’intervento di logiche non ordinarie (paradosso, contraddizione e credenza), be’… allora mettersi alla ricerca delle cause sarà un gioco al massacro (nostro e altrui)!
Facciamo un esempio: se non riesco ad utilizzare una funzione di un software, oppure non riesco ad accedere al registro elettronico, chiedermi “Perché non funziona?” potrebbe darmi qualche chance di trovare la causa del problema. Trovata la causa, potrei magari riuscire ad intervenire risolvendo il problema.
Proviamo ad applicare lo stesso schema ad una difficoltà che uno studente può avere nei confronti della nostra materia: cercare la causa di una difficoltà del genere non avrebbe senso… ci porterebbe infatti a creare dei nessi causa-effetto del tutto arbitrari. Le risposte alla domanda “Perché questo Ragazzo sta vivendo questi problemi?” sarebbero varie ed eventuali, non dimostrabili e frutto esclusivo del buon senso o dell’esperienza (che non è da trascurare, ma non basta!). Una volta individuata la presunta causa, poi, tutti le nostre tentate soluzioni andrebbero in quella direzione, alimentando probabilmente il problema originario.
Interessante riflessione! Se posso, aggiungerei che quindi è più “strategico”- nel caso dello studente in difficoltà- far vivere un’esperienza positiva legata alla scuola, all’apprendere, alla nostra disciplina… Non risolveremo in modo tradizionale il problema, ma magari possiamo fornire gli strumenti per procedere con un passo diverso in futuro �
Sara, grazie per il tuo commento.
Concordo con la possibilità di ottenere buoni risultati facendo vivere una bella esperienza ad un nostro Studente… ma come?! Quello che potrebbe essere “buono” per noi, potrebbe risultare poco significativo per lui/lei… siamo ancora lì: possiamo procedere per tentativi ed errori, in un processo continuo di ricerca e intervento. È proprio questo approccio che insegniamo nei nostri corsi di aggiornamento.