Qualche giorno fa, in questa sezione del sito dove è possibile inviarci richieste di supporto su casi specifici, ci hanno descritto la seguente questione:

Buongiorno,

mi chiamo Elisa e ho 47 anni. Sono laureata in Lingue e ho fatto diversi percorsi di approfondimento in comunicazione e in PNL ma ho sempre lavorato come assistente di direzione e poi come commerciale in una società di leasing. Per vari motivi che in virtù della sintesi non sto ad elencare, ho cambiato percorso; ho acquisito i 24 cfu e dopodomani ho la mia prima supplenza in una scuola media.  Per ora non ho ricevuto alcuna informazione o consegna da parte della scuola. Sono Emozionata ma anche… un po’ in panico :D. Ho visto un video circa le tre domande per conoscere la classe e presentarsi e sicuramente lo utilizzerò per rompere il ghiaccio e imparare i nomi dei ragazzi. Al pomeriggio avrò gli scrutini. SOS. Come posso sopravvivere senza sapere assolutamente NULLA?  Grazie sin da ora. Un saluto cordiale

 

Di seguito la prima risposta inviata via email e poi qualche approfondimento che possiamo fare insieme…

Ecco la risposta che ho scritto alla nostra lettrice Elisa:

 

Buonasera Elisa,

 

intanto piacere di fare la tua conoscenza, anche se soltanto via email.

Come potrai immaginare non è per nulla semplice per me darti indicazioni precise, senza conoscere il tuo caso.

 

Una cosa però voglio provare a suggerirtela: visto che sei alle prese con un ambiente nuovo, con nuove relazioni e nuove dinamiche, personalmente credo che dovresti dare tanta tanta attenzione e priorità all’ascolto. Sono sicuro che nessuno pretenderà di ascoltare da te alcuna “relazione dettagliata”, dal momento in cui oggettivamente non hai ancora alcun elemento da poter comunicare.

Al contrario, credo che tutti apprezzerebbero molto una nuova arrivata che, con grande professionalità, sarà in grado di ascoltare con grande interesse quanto gli altri hanno da dire.

Eventualmente potresti anche accennare al fatto che, in virtù del tuo recentissimo arrivo, ti farà piacere conoscere il più possibile la realtà in cui ti stai inserendo, rendendoti disponibile a poter dare una mano e contribuire (in questo caso staresti utilizzando lo stratagemma “Dichiarare il perturbante nascosto”). E poi, prendi appunti!

 

Mi auguro di aver risposto, anche solo in parte, alla tua richiesta.

 

In ogni caso, ti mando un grande inboccaallupo!

 

Alberto DP

Approfitto quindi per aggiungere un paio di considerazioni che ho potuto maturare con qualche giorno in più di riflessione:

  • per prima cosa mi sembra che tutti noi (chi più chi meno, ok…) viviamo spesso (chi più in un contesto e chi più in un altro, certo…) con una discreta ansia da prestazione. A me, per esempio, capita di sperimentarla quando incontro un nuovo potenziale Cliente, oppure quando invio l’offerta formativa di MetaDidattica ad una Scuola interessata o, ancora, quando mi prendo cura di un nuovo caso di coaching.
    Insomma, ogni volta che mi sento giudicato (o quando sono forse io per primo a giudicarmi), ecco che inizio a sperimentare la tensione di dover dimostrare di essere abbastanza efficace, all’altezza della situazione, ecc.
  • al punto precedente si aggiunge la fretta di dover “trovare una soluzione” subito, in tempi record, senza attendere o far attendere nessuno perché arrivi il risultato. Molto spesso però questa fretta ci porta paradossalmente a perdere non solo in efficienza, ma anche in efficacia ed eleganza.
    Questo effetto pernicioso della fretta lo riscontriamo in modo più che evidente nelle sessioni di coaching: nella nostra Scuola, applicando il modello strategico del prof. Giorgio Nardone, una delle prime competenze che un coach dovrebbe acquisire è quella di mettere in pratica lo stratagemma del partire dopo per arrivare prima. Ogni volta che andiamo a caccia della soluzione ad un problema (nell’esempio parliamo del problema presentato dal nostro coachee, ma lo stesso vale anche per i nostri problemi…) non facciamo altro che allontanarcene. Questo paradosso è alimentato da moltissimi fattori, primo fra i quali la tendenza a sottovalutare l’analisi del problema (orientati come siamo a cercare soluzioni o a pensare positivo… pensare che ci sono “scuole di pensiero” completamente tese verso il positivo, verso le soluzioni!!); attenzione poi al cosiddetto “effetto struzzo”…
    Fra qualche tempo pubblicherò, su questo argomento, un video in cui ho chiesto direttamente a Giorgio il suo punto di vista in merito… e la sua risposta non potrebbe essere più chiara e rigorosa!

E tu che ne pensi? Hai già visto il video in cui completo la mia risposta per Elisa?

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