“Adesso chiamiamo il Preside!”, “Ho bisogno di parlare con i tuoi Genitori”, “Come le ho già detto, …”, ecc.
Quelli appena citati sono messaggi comuni e solo apparentemente innocui: ciascuno di essi può contenere uno o più meta-messaggi che rischiano di minarne non solo l’efficacia, ma anche di mettere a rischio la relazione che abbiamo con chi ascolta le nostre parole.
Per prima cosa facciamo chiarezza sulla differenza tra queste due componenti importanti della nostra comunicazione. Come ci suggerisce il prefisso, quando parliamo di meta-messaggi facciamo riferimento a tutto quello che viene trasmesso “oltre” il mero contenuto della nostra comunicazione: quello che arriva alla “pancia” dei nostri interlocutori.
Il messaggio coincide con il contenuto vero e proprio della nostra comunicazione (Paul Watzlawick, 1967 – La pragmatica della comunicazione umana), mentre i meta-messaggi si riferiscono a tutto quello che potrebbe essere trasmesso tra le righe. La prima parte verrà recapita dalla “testa” del nostro interlocutore, dalla sua parte razionale, mentre la seconda dalla sua “pancia”, cioè dalla sua parte emotiva.
Riprendiamo gli esempi fatti in precedenza: quando diciamo “Adesso chiamo il Preside/i tuoi Genitori!”, stiamo inviando un’informazione e generando tutta una serie di possibili sensazioni. Quest’ultime potrebbero essere le seguenti “La prof.ssa da sola non è in grado di far nulla”, “La prof.ssa ha bisogno di aiuto”, “La prof.ssa non ha sufficiente potere”, ecc.
Oppure, iniziando un frase con un “Come le ho già detto…” potremo trasmettere implicitamente i seguenti meta-messaggi: “Non mi ha ascoltato!”, “Quando parlo con lei mi tocca sempre ripetere”, “Lei non è in grado di capire“, ecc.
La maggior parte delle volte, quando ci diamo da fare per migliorare la nostra comunicazione, il focus del nostro impegno è quasi esclusivamente rivolto a cercare i messaggi migliori: cerchiamo di fare appello alle migliori intenzioni e così scegliamo con cura le parole, regoliamo i toni, cerchiamo di gestire le nostre emozioni, ecc.
Eppure potrebbero sfuggirci gli effetti generati da tutto quello che resta implicito tra le nostre parole.
Proviamo a riassumere con una domanda: quali meta-messaggi potresti veicolare ripetendo due/tre volte qualcosa ad una persona (anche con parole diverse)?
Fammi sapere cosa ne pensi…
Per approfondire
- La differenza tra sensazioni e informazioni (articolo)
- Il “contributo” delle Famiglie nelle difficoltà scolastiche (articolo)
- Comunicazione efficace: perché non mi capiscono? (video)
- Quanto è elegante la tua comunicazione? (articolo)
- Impara a comunicare in modo strategico e a farti ascoltare (corso)
Come tutti sappiamo ” comunicare” significa : rendere comune” , far parte ad altri di ciò che è proprio, per lo più di cose non materiali. La comunicazione nasce dal fatto che l’uomo é chiamato a partecipare. Ciò presuppone e comporta un principio di uguaglianza. In ciò è anche implicito il significato del termine che in latino “communicatio” contiene il termine munus, ovvero” Dono”.Quest’ultimo è il riconoscimento di qualcosa che non ci appartiene, che viene messo in comune e al quale tutti siamo chiamati a partecipare.